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Spider-Man
the
movie
(Ultra)visioni
cinematografiche,
ovvero
per
un
cinema
supereroistico
di
Andrea
Tosti
Può
l’uomo
ragno
considerarsi
materia
da
impasto
cinematografico?
Non
è
da
tutti
realizzare
k(K)olossal
d’autore
ed
il
pensiero
va
immediatamente
ai
film
supereroistici
di
Tim
Burton.
Ma
l’UR
non
è Batman,
a
differenza
degli
X-Men
sfiora
appena
la
tematica
del
diverso.
Cresciuto
senza
invecchiare
insieme
con
intere
generazioni
di
lettori,
è
assurto
nella
fantasia
comune
al
ruolo
di
personaggio
mitologico*
grazie
anche
ad
una
vita
fatta
di
drammi
riconoscibili.
Come
un
Ercole
moderno,
divino
e
mortale
allo
stesso
tempo,
dotato
di
poteri
straordinari,
MERAVIGLIOSO,
per
racchiudere
tutto
nella
magica
sintesi
di
una
parola,
l’UR
si
muove
REALMENTE
saltando
fra
i
tetti
di
grattacieli
altissimi
di
una
New
York
(e
non
di
fantasiose
Gotham
City
o Metropolis)
quanto
mai
concreta
e,
per
l’occasione
privata
delle
sue
torri
gemelle.
Nei
vicoli
impestati
e
corrotti
combatte
REALMENTE
la
criminalità,
dallo
scippatore
al
supercriminale,
se
si
può
chiamare
realtà
una
fantasia
portata
avanti
per
decenni.
Il
cinema
crea
e
distrugge
miti
con
una
velocità
che
ci
è
difficile
comprendere.
Arte
più
grande
di
noi
(la
letteratura
è
più
piccola
come
la
televisione
del
resto,
il
teatro
è
fatto
a
misura
d’uomo),
capace
di
influenzare
masse
enormi
questo
media
si
è
trovato
spesso
a
doversi
confrontare
con
spunti
di
diversa
provenienza,
raramente
con
buoni
risultati
(il
già
citato Batman,
alcune
cose
del
primo
Superman)
più
spesso
cadendo
in
adattamenti**
irrispettosi
e
spettacolarmente
poco
incisivi.
Per
evitare
“voli”
come
quello
degli
X-Men
è
necessario
capire
cosa
l’UR
è,
oltre
a
tutto
quel
che
si
è
detto
fin
ora,
prima
di
gettarlo
nell’abisso
oscuro
della
sala
cinematografica.
L’UR
è
un
corpo.
L’UR
è
agile,
salta
fra
i
palazzi,
si
getta
in
allegre
scazzottate
avvertendo
appena
la
fatica
o
il
dolore.
Il
suo
(proprietà
da
mettere
in
discussione
in
quanto
L’UR
è
il
proprio
corpo)
è
un
corpo
mitico,
ma
è
anche
un
corpo
familiare,
non
visibilmente
mutato,
astratto
per
via
di
quell’astrazione
che
entra
anche
a
far
parte
della
vita
del
corpo
sportivo,
altra
icona
mitica
della
nostra
civiltà
contemporanea.
Questo
corpo
il
cinema
dovrebbe
restituirci,
perché
è
questo
corpo
che
i
lettori
di
fumetti
da
decenni
desiderano.
Il
primo
bisogno
che
necessita
di
essere
soddisfatto
è
quello
che
ci
tocca
tutti
nel
profondo:
ognuno
di
noi
vuole
volare
fra
i
grattacieli
e
fra
i
vicoli
come
il
vecchio Spidey;
e
vuole
crederci.
La
spettacolarità,
da
molti
stupidamente
rinnegata
in
questi
tempi
difficili
che,
al
contrario
di
quello
che
ci
vogliono
far
credere,
non
hanno
cambiato
il
nostro
punto
di
vista
sulle
cose,
dovrà
necessariamente
essere
il
punto
di
forza
di
questo
film.
Si
badi
bene
però:
non
è
di
una
spettacolarità
futile
e
dimenticabile
quella
di
cui
si
parla
in
questa
sede.
Tornando
al
corpo,
non
si
dovrà
necessariamente
sfruttare
una
fisicità
gioiosa,
senza
preoccupazioni,
ma
ricreare
un
moto
dei
muscoli
che
emuli
il
pianto,
l’angoscia,
la
disperazione
quanto
la
gioia
di
vivere,
la
spensieratezza
che
si
può
provare
a
volteggiare
a
trecento
metri
d’altezza
affidandosi
contemporaneamente
ai
propri
riflessi
e
all’incoscienza.
Dovrà
rappresentare
chi,
per
dimenticare,
infila
un
costume
e
si
butta
a
peso
morto
nella
vita
come
nel
vuoto.
Non
per
niente
la
storia
di
questo
personaggio
comincia
come
la
storia
di
un
adolescente.
Cosa
dire
ancora?
Aspettiamo
e
speriamo,
aspettiamo
e
speriamo.
*
non
sono
il
solo
a
pensare
che
il
fumetto supereroistico,
con
i
suoi
personaggi
quasi
antichi
per
i
tempi
moderni
del
ricilaggio
di
miti,
siano
giunti
a
riempire
il
vuoto
di
una
mitologia
scomparsa,
una
mitologia
fatta
divinità
a
misura
d’uomo
**
parola
già
fastidiosa
per
la
sua
natura
conciliatrice
(7/06/2002)
Questo
articolo
è
stato
originariamente
presentato
sul
numero
datato
Aprile
2002
di
"Dimensione
Fumetto"
ed
è
pubblicato
col
consenso
dell'autore
e
dei
responsabili
della
rivista.
Info.:
mangafanzusa@hotmail.com
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