Devolution e federalismo
Stiamo attenti alla trappola del federalismo fiscale e della devolution. Almeno al modello padano dall’accoppiata Bossi-Tremonti. Non c’è voglia di aggiungere un posto a tavola nei loro progetti. Il trucco è semplice e squisitamente contabile: le tasse resteranno, quasi per intero, nelle casse delle regioni dove il reddito è stato prodotto. E’ l’ultima spallata all’unità nazionale. L’essere italiani che guardano all’Europa con parità di diritti e doveri, infatti, non può realizzarsi solo riconoscendoci tutti nella stessa bandiera. Servono anche uguali opportunità di sviluppo, oltre che lo stesso livello d’eccellenza nel campo dei servizi, dell’innovazione tecnologica, della ricerca applicata e della formazione professionale. A breve, al contrario, il Paese girerà a più velocità. Perché, al sud, mancheranno i fondi necessari per essere competitivi, per far crescere le università, per incentivare quegli imprenditori che hanno grandi idee e pochi capitali.
La manovra a tenaglia federalismo fiscale (più soldi alle regioni che producono reddito) e devolution (più competenze alle regioni in materia di sanità, scuola, sicurezza sociale), nel tempo, produrrà quella frattura che, di fatto, dividerà il Paese in tre realtà socio-economiche. Un nord opulento e mitteleuropeo, un centro in bilico tra “Roma ladrona” e modernizzazione, un sud che rimpiangerà l’epopea di Fra’ Diavolo e del Cardinale Ruffo. Ma, giustamente, anche quella di Giacomo Mancini e Riccardo Misasi. La domanda è: perché la nostra classe politica, quella che sta a Roma o a Catanzaro, ma anche a Cosenza, sottovaluta questa drammatica e concreta prospettiva? Sudditanza psicologica o stanca liturgia del “tengo famiglia”? Come se niente fosse, però, c’infervoriamo all'idea del referendum sulla grande Cosenza, mentre, per esempio, a poco a poco, il polo informatico dell’area metropolitana chiude i battenti.
Le prospettive sono da Caporetto. I più accreditati centri di ricerca economici e sociali sfornano analisi che assegnano alla Calabria la maglia nera in materia di sanità, scuola, qualità della vita. E non prevedono, nel breve periodo, neanche una significativa inversione di tendenza che crei sviluppo e, quindi, nuovi posti di lavoro. Nel frattempo, però, avanza il processo d’allargamento dell’Europa ai paesi dell’est. Tra non molto, di conseguenza, s’inaridiranno anche i finanziamenti comunitari per le nuove imprese, per le grandi infrastrutture, per la tutela dell’ambiente e dei beni culturali. Un’altra mazzata, che, mescolandosi con federalismo fiscale e devolution, creerà una miscela esplosiva e ci omologherà a quel povero terzo mondo che si affaccia sul Mediterraneo. Solo Gheddafi, a questo punto, potrebbe darci una mano. Al massimo, per farlo, ci chiederà di convertirci all’Islam. Ce ne faremo una ragione: per sopravvivere.