Andrea
Materia
a
cura di Andrea Alfano
Era
una fredda serata d’inverno e navigando in Internet leggo un bell’articolo
sull’attuale situazione del mercato fumettistico americano di
Andrea
Materia,
storico editor della
Play Press ai tempi del
PlayMagazine. Proprio accanto al
suo nome c’era anche l’indirizzo e-mail e, quasi per gioco, gli scrivo e gli
chiedo se è possibile intervistarlo per la fanza. Il giorno dopo accendo
il computer, leggo la posta e… incredibile! Mi ha risposto! Mi da il suo
numero di cellulare, immediatamente lo chiamo e fissiamo un appuntamento! Non ci
posso credere! La mia prima intervista! Ecco com’è andata…
Eccoci
qui
Andrea,
benvenuto
su
Amazing
Comics
online.
Per
iniziare,
potresti
presentarti
ai
nostri
lettori?
Guarda,
la mia storia è semplice, nel campo fumettistico ho iniziato nel 1992 con le
pubblicazioni Marvel della Play e poi da lì ho proseguito fino ad oggi, anche
se ormai ho un ruolo meramente di firma su
Superman,
ho
proseguito sempre con la Play passando dal periodo
Marvel
a quello
Valiant, a
quello
DC pieno, interagendo a tutti i livelli con la casa editrice.
È
stata un’esperienza assolutamente divertente, io a quel tempo ero uno studente
universitario quindi avevo molto tempo a disposizione, adesso purtroppo i
rapporti sono allentati perché il 99% del mio tempo è occupato dall’attività
nei media. Negli ultimi due anni ho lavorato in gruppi come Fininvest, nel
cinema con Medusa mentre nel settore Internet con Jumpy, adesso ho una mia
società attiva a 360° nella convergenza multimediale, quindi come puoi
immaginare il tempo da dedicare ai fumetti è estremamente compresso. Però, non
di meno, rimane la grande passione… collezionismo sicuramente, e quello che si
riesce a cogliere dal settore al livello di format; per farti degli esempi
pratici negli ultimi tre mesi ho iniziato una collaborazione, in effetti è
diventata una specie di amicizia, con un grande autore come Carlos Trillo
per adattare all’audio visivo alcune sue opere ed eventualmente svilupparne
altre insieme. Ci sono anche altri nomi italiani su cui però sono più cauto,
con i quali stiamo ragionando sull’opportunità di procedere sul
multi-piattaforma: dal settore fumetti fai uno sviluppo dei format per renderli
fruibili come i videogiochi, sia per Internet che per cellulari, ovvero ancora,
in una forma massima come prodotti televisivi/cinematografici.
Raccontaci
un po’ degli anni in cui tu e Bottero eravate le “colonne” della Play
Press, quando la DC era presente al 90% in edicola…
Be’…
sono stati parecchi anni quindi…da dove cominciamo?
Non
so, da quando avete pensato al progetto del quindicinale di
Superman,
quando avete preso i diritti di
Batman
dalla
Glènat…
Allora
guarda, la situazione era questa, in realtà risale ancora a prima perché prima
di
Superman
c’è stata almeno un 4/5 anni di presenza Play sui fumetti
DC che poi si è concretata in
American
Heroes,
Justice
League, la
versione
d
Gree
Arrow…
All’epoca
ovviamente la DC era un settore totalmente minoritario rispetto a quelle che
erano le uscite Marvel, però è stato se vogliamo, il “cavallo di Troia”
che poi ha consentito di sviluppare quei rapporti che hanno portato, nel momento
in cui si sono liberati i diritti di
Superman
e quelli di Batman,
alla pubblicazione italiana di queste due serie. Inoltre c’era anche un
altro discorso: oggettivamente Marvel Italia non è mai stata in competizione in
quanto la DC non avrebbe mai consentito di concentrare nelle mani di un unico
licenziatario italiano i diritti sia della Marvel che, appunto quelli della
Distinta Concorrenza, quindi al momento in cui hanno cercato un altro partner
italiano la Play Press si poneva come il
player
più interessante del
momento, se tieni conto che all’epoca, parliamo del ‘93/’94, case come
Magic (non so se all’epoca si chiamava ancora
General
Press) non erano
credibili…
Comic Art invece… be’ ha sempre avuto problemi di varia natura
e rapporti conflittuali con le case editrici americane quindi diciamo che è
stata una scelta obbligata da parte degli americani, poi dopodiché è evidente
è stata facilitata dai rapporti che si erano consolidati negli anni. Con,
ribadisco, se vogliamo, un esperimento, perché mai e poi mai ci sono state
vendite eclatanti quelle degli albi DC pre-Superman, assolutamente.
Dalla
"Morte
di
Superman" in poi, invece, c’è stata un po’ la
rinascita del genere super-eroistico…
Assolutamente,
c’è stato un boom! Se tu tieni conto,
"La
morte
di
Superman"
ha
venduto, soltanto in prima stampa, oltre le 40.000 copie e poi è stato più
volte ristampato… i primissimi numeri di
Superman
tiravano tra le 80.000 e le 10.000 copie, poi naturalmente si
è andati in calando in maniera abbastanza rapida una volta chiusa la saga della
Morte. Non a caso Superman nel primo anno è stato “spalmato” in tutte le
possibili entità, si è pensato addirittura di salvare
American
Heroes
piazzandoci dentro
The
Man
of
Steel
ma…tentativo tardivo e la testata
era comunque morta e defunta.
Batman
ha avuto anche, ovviamente, ottimi
risultati, ma assolutamente non paragonabili a quelli di Superman, ma era il
mercato che era già cambiato, perché nel 93/94 eravamo in pieno periodo di
“boom” per il fumetto americano, sia in Italia che in patria, nel 95/96 la
crisi era già cominciata, poi si è fatta evidente, marcata nel 97/98, cronica,
depressa, piatta nel 99-2000-2001 dove appunto siamo ridotti ai minimi termini.
Ecco,
proprio nel 1998 c’è stata questa grande crisi, soprattutto nella DC/Play
Press, infatti penso abbiate chiuso sei o sette testate in quell’anno. Secondo
te quali sono stati i fattori diciamo, negativi?
Guarda,
adesso il numero esatto delle testate chiuse non me lo ricordo, io ricordo
benissimo un pomeriggio in cui l’editore chiamò me ed Alessandro [Bottero,
n.d.r] e da un momento all’altro abbiamo
dovuto scrivere degli editoriali di chiusura per
Flash,
Superman
Classic
e
Catwoman
&
Wonder
Woman, avevamo già lavorato ai numeri successivi
ma erano talmente in perdita che era inutile farli uscire in edicola e quindi
abbiamo dovuto arrangiare, se non sbaglio, un paio di numeri a 96
pagine per
chiudere delle saghe e non uscire con un ulteriore numero supplementare.
È
stato un tracollo abbastanza improvviso e da un momento all’altro, se non erro
era fine autunno il momento in cui si decise la chiusura ed evidentemente erano
appena arrivati i dati di settembre, che è un mese solitamente scarsissimo per
le vendite e quindi tu hai una crescita in estate (perché il pubblico italiano
ama leggere d’estate) e poi hai un calo fisiologico a settembre. In quel caso
il calo non era stato fisiologico ma era stato a precipizio e…sì, è stato un
brutto pomeriggio mi ricordo, perché si è subito avuto sentore che non
sarebbero state le prime chiusure. Era cominciato l’inizio della fine. Cause:
sicuramente si sarebbe dovuto intervenire prima, sicuramente testate come
Flash
hanno avuto una programmazione se vogliamo tradizionale, conservativa, si è
tentato di procedere un po’ come si procedeva nei primi anni 90, cioè con una
pubblicazione integrale delle collane, senza grandi eventi, senza avere il
coraggio di effettuare tagli, senza avere il coraggio di tagliare sui
comprimari. Ma uno dei problemi di fondo, e su questo mi sono sempre scontrato
con Alessandro, però alla fine era una politica editoriale che veniva condivisa
dall’editore quindi è stata portata avanti, lui prevedeva le testate perché
vivessero anni ed anni. Se questo poteva essere vero, poi lo era molto
relativamente nei primi anni 90, non era più vero nella seconda metà del
decennio, le testate vivono e muoiono nel giro di svariati mesi, bisogna essere
più aggressivi, più forti nel presentare contenuti variabili, senza
preoccuparsi di quello che sarebbe
avvenuto, avremmo avuto ancora approvvigionamenti di materiale per l’anno
successivo; non era un problema di approvvigionamenti, era un problema di tenera
desta l’attenzione. Poi dopo di che, una volta che tu hai i contenuti ti
mancano però gli strumenti di marketing e su questo la Play Press ha sempre
fatto un po’ melina… per quello che concerne il settore fumetti. Quando ha
forse davvero compiuto uno sforzo di marketing imponente, ovvero con il lancio
di riviste di videogiochi, i risultati si sono visti e…inutile piangere sul
latte versato, presumibilmente anche se avesse compiuto anche se avesse compiuto
un imponente sforzo di marketing sui fumetti non avrebbe ricavato risultati
superiori a quelli che ricava la
Marvel Italia mentre con le riviste di
videogiochi, in effetti…sicuramente il fatturato che producono i fumetti anche
nella migliore delle ipotesi non sarà mai paragonabile a una frazione di quello
che possono produrre le riviste, quindi…forse è stato uno sbaglio su un
prodotto minore che però ha consentito alla Play di lanciarsi alla grande su un
prodotto più fortunato e interessante sotto il punto di vista dell’editore
che non ha un’affezione particolare nei confronti di un prodotto per un altro
ma semplicemente interesse al profitto, è stata un’esperienza utile e poi per
quello che concerne l’appassionato…è andata com’è andata, fermo restando
che sai l’appassionato non è più nella situazione in cui si poteva pensare
negli anni 80, cioè, muore la
Cenisio muore la DC, se si vuole procurare gli
albi in originale, gli albi arrivano, sono facili e non costano neanche più di
quanto costa la versione italiana è giusto un problema di barriera linguistica
quindi… in Italia in effetti, arriva il meglio della produzione DC oltre che
alla produzione
Vertigo, il meglio della produzione
Paradox. È già compiuta
una cernita a monte da parte degli editor, quindi non è neanche una situazione
drammatica, ti eviti di leggerti molta immondizia, molto prodotto di scarso
livello. Se proprio vuoi tutto, bisogna che impari l’inglese, in effetti non
fa neanche male… cioè come appassionato non mi sembra una situazione da
strapparsi le vesti è solo una situazione da strapparsi le vesti nel momento in
cui o sei refrattario in ogni modo a conoscere l’inglese (ma mi sembra un
limite che vada superato) oppure, quello invece è un limite fisico importante,
non abiti in una grande città quindi hai difficoltà ad entrare in fumetteria a
procurarti gli albi. Questo è vero, è un limite oggettivo, ti devi affidare
sulla posta (che non è assolutamente affidabile) quindi chi non abita in una
grande città o chi non ha una fumetteria a portata di automobile, sì, questo
è un problema. L’area distributiva delle edicole qui in Italia con 35.000
punti vendita è il massimo che si possa immaginare.
Da
circa due anni la Play Press ha affidato totalmente la produzione fumettistica
alla Down Comix, che ne pensi di questa scelta? Oltretutto da quando ci sono
loro sia tu (per motivi di lavoro che ci hai già spiegato) che Bottero vi siete
allontanati dalla Play… questo è dipeso proprio dalla Down Comix o è stata
una vostra scelta?
Dunque
allora, scindiamo le situazioni: io comunque sia avrei fatto un altro lavoro, ma
questo era chiaro sin dal giorno uno, con i Ferri si è sempre scherzato nei
primi anni su quanto tempo ci avrei messo a finire l’università e diventare
avvocato, quindi…anzi, cioè le voci sui Ferri sono sempre state molteplici e
sulla Play Press, io non ho mai avuto motivo di contestazione, sono sempre stato
trattato davvero con i guanti, mi ritengo amico dei Ferri (del padre ed in
particolare di Alessandro) e penso che sia un ambiente lavorativo assolutamente
efficiente, assolutamente istruttivo. Poi la situazione dei fumetti è una
situazione che, sarà pure legate ad errori delle risorse umane, per carità, è
evidente che ci sono sempre errori in un fallimento, comunque è una delle
componenti oggi minoritaria dell’ambiente Play Press. lavorando lì dentro però
hai la possibilità di confrontarti con una miriade di altre situazioni
editoriali che ti accrescono professionalmente, quindi se fossi rimasto lo avrei
fatto assolutamente volentieri ma non era, fin dall’inizio, tra i miei
obiettivi lavorare in una casa editrice cartacea.
Per
quanto concerne Bottero, sarebbe meglio chiedere a lui, è evidente che i
rapporti tra lui e le Edizioni Play Press oggi come oggi non sono idilliaci,
c’è stato un conflitto di vedute che riguarda l’impostazione editoriale che
è stata data al prodotto fumetto e da lì una rottura consensuale del rapporto
lavorativo che comunque rientra nella norma, ribadisco tra Play Press e Bottero
non ci sono mai state situazioni fuori dalla norma, può accadere che non si
collabori più con un determinato committente.
Per
quello che concerne la Down
Comix, Walter è un artista emergente di assoluto
valore, quindi sotto il profilo grafico, dal momento in cui le Edizioni Play
Press si concentrava sulle testate dedicate ai videogiochi, a Internet e al
computer, è stata secondo me una scelta saggia e illuminata rivolgersi ad un
editing
che poteva consentire uno sforzo superiore sotto quello che è il profilo
grafico, un’attenzione maggiore quindi
al
packaging
del prodotto e che
peraltro poteva occuparsi di quello che era il contenuto editoriale con
un’attenzione superiore alla redazione Play. Ritengo che Down Comix stia
facendo un ottimo lavoro sul prodotto Play Press, Down Comix non ha potere
d’intervento sul
pricing
e non ha potere d’intervento sulla
distribuzione dei prodotti Play, quindi non si può comunque imputare Down Comix…loro
danno il pacchetto “chiavi in mano” alla tipografia e decide di comune
accordo con l’editore le linee editoriali, quindi in sostanza personaggi,
storie, comprimari, volumi, ecc., ma non decide cosa venga distribuito in
edicola, cosa in libreria, non decide quanto debba essere investito in marketing
in attività promozionali, in fiere e quant’altro. Il budget è comunque
deciso a monte, quindi, se noi giudichiamo il lavoro di Down Comix per quello
che è giusto ergo per l’albo che hai in mano, il paperback che hai in mano,
mi sembra che il miglioramento rispetto al passato sia evidente e peraltro anche
le scelte sono secondo me assolutamente coraggiose, perché lo scorso anno a
parte
Superman,
Batman
e JLA
sono state presentate produzioni
assolutamente coraggiose come i paperback in bianco e nero di Kirby, come il
Fanboy
di Aragonès, il
Bad
Boy
di Miller… per coraggiose intendo quelle
proposte che non necessariamente hanno un riscontro commerciale immediato o
scontato, e che però sono state
fatte perché ritenute di elevato valore artistico e a parte il valore artistico
se vogliamo anche il valore dell’opera all’interno dell’architettura del
DC Universe, perché pubblicare
Flash
non è un risultato di vendite
garantito eppure è stato fatto sia con una miniserie lo scorso anno, sia con
una graphic novel due anni fa e adesso con un volume dedicato alla serie
regolare; ora mi sfuggono i titoli specifici [nell’ordine Andrea ha
citato:
The
brave
and
the
bold;
La
vita
di
Flash;
Flash
TPB,
n.d.r.],
ma pubblicare
Titani
non è un
investimento a ritorno garantito eppure è stato fatto e si continua a fare.
Quindi non mi sembra che siano scelte totalmente scontate o scelte totalmente
prosaiche legate al risultato immediato. Dopo di che la prosecuzione di talune
collane è legata anche alla risposta del pubblico, la risposta del pubblico non
è legata soltanto al prodotto ma ribadisco: le quattro P: Prodotto, Promozione,
Posto quindi distribuzione e poi c’è Prezzo. E le altre tre P non sono
decisioni Down Comixi
Frequentando
molto le fumetterie ho sentito molte critiche nei confronti del formato con cui
venivano presentati recentemente Superman e Batman perché, proprio a detta di
tutti, il rapporto qualità/prezzo non era il massimo perché a 8.000 ti trovavi
con un prodotto che aveva una carta porosa che tendeva a scurire i bei colori
computerizzati che utilizza adesso la DC, un lettering spesso illeggibile fatto
forse da letteristi svogliati o privi di mezzi, pagine incollate l’una con
l’altra…insomma la colpa è della Down o della Play?
Dunque,
se tu mi parli di problemi tipografici è evidente che i rapporti con la
tipografia sono gestiti dall’editore e non dal service che ti garantisce un
altro tipo di lavoro, se tu mi parli di lettering [le
parole dentro i balloon, n.d.r.] (fermo
restando che secondo me il lettering è una questione di gusti e poi non sono
d’accordo con le tue valutazioni sulla scarsità del lettering proposto,
quella sì, è una competenza di Down Comix ma possiamo ragionarci sopra e
peraltro sarebbe più corretto se tu ci ragionassi con Walter Venturi. Per
quello che concerne il rapporto qualità/prezzo, anche qui è un qualcosa di
legato alla distribuzione che è storicamente una competenza dell’editore (e
sarebbe assurdo se non lo fosse) è l’editore che decide le copie tirate e che
decide i prezzi alle copie tirate e ai materiali che vengono impiegati, quindi
la carta o la qualità dell’incollatura oppure la copertina se rigida o meno e
qui ribadisco, non sono io la persona indicata a rispondere a questa domanda, se
posso dare la mia opinione ci saranno sicuramente rapporti di qualità/prezzo
migliori ma ce ne sono anche di analoghi e se facciamo il raffronto con quella
che è la situazione americana, leggere fumetti in Italia è sicuramente più
conveniente, poi dopo di che in Giappone sarà ancora più conveniente perché
il governo finanzia le tipografie, ci sono molti elementi che vanno a concorrere
alla creazione di un certo prezzo. Quello che è certo è che la Play Press non
sguazza nell’oro dai margini che vengono fatti con il fumetto, molto spesso i
prezzi sono imposti per non perderci, altri tipi di investimenti ad esempio una
politica aggressiva sul prezzo comportano dei ragionamenti a lungo termine che
fanno parte delle strategie industriali di un gruppo. Devi quindi chiedere
all’editore della Play Press se rientra nella sua strategia industriale
continuare con il fumetto e in tal caso, nell’ottica di una
commercializzazione a lungo termine una riduzione del prezzo potrebbe essere
positiva perché consegue ad un aumento della base dei lettori, ma queste sono
strategie industriali, soltanto chi nel concreto sgancia i soldi può
risponderti.
Come
abbiamo già sottolineato sei stato per parecchio tempo alla Play… quali sono
le caratteristiche che deve avere un buon editor?
All’epoca
noi eravamo suddivisi in
groupeditor
per cui Bottero si occupava
prevalentemente di Superman e Batman (e poi soltanto di Batman) io mi occupavo
del DC Universe e di tutte le proposte indipendenti, ma questo storicamente, dai
tempi della
Valiant, della
Dark Horse e poi ho inglobato anche Superman
nell’ultimo periodo.
Le
competenze… la prima e principale è una documentazione a dir poco certosina
su quello che viene prodotto nel resto del mondo, se un tempo poteva bastare
essere edotti delle pubblicazioni o dei progetti di pubblicazione americani oggi
ritengo che non si possa prescindere da una conoscenza di tutto l’ambito del
fumetto mondiale quindi sapere appunto cosa va tra gli amanti di fumetto manga o
bonelliano è utile a capire anche le tendenze del pubblico dei fumetti
americani. In secondo luogo, il buon editor deve sapersi scindere dall’occhio
dell’appassionato che vuole tutto e va
molto spesso dietro a gusti personali, bisogna saper rinunciare al pallino
personale per mettersi poi nell’ottica della massa. Può essere una parola
brutta “massa”, dire “mi identifico con il pubblico di basso livello perché
poi è quello che costituisce la maggioranza del mio pubblico, però se vai in
edicola questo è. Se vai in libreria il discorso cambia, il target è più
elevato, più raffinato, ha gusti più particolari quindi hanno spesso
paradossalmente maggior successo le proposte esoteriche di nicchia estrema,
ovvero ancora, di avanguardia artistica rispetto ad un prodotto di bassa
commercialità, di facile consumo che non viene visto come degno di 15/20 mila
lire in formato volume. Quindi l’ottica dell’appassionato di libreria,
dell’acquirente di paperback è sempre stata “se devo spendere 20mila lire,
le voglio spendere per qualcosa che le valga” e non soltanto per soddisfare
un’ansia di collezione o per seguire la soap-opera. In edicola è sempre stato
differente il discorso, forse cambieranno le cose in futuro per il semplice
motivo che non trovando niente in edicola e volendo continuare a coltivare una
certa collezione, è necessario anche acquistare in libreria materiale
mainstream
se vogliamo seriale, ecco, nell’accezione classica. E poi il materiale seriale
non è che debba essere necessariamente scarso, di norma lo è perché in
America ne producono troppo e quindi la qualità ne viene a soffrire...
Ad
esempio quattro testate su Superman e Batman secondo me sono troppe, sarebbe
meglio magari farne una a testa però prendere gli autori migliori e fari degli
story-arc di qualità superiore…
Come
viene gestita l’industria fumetto in America è un qualcosa di non logico, non
comprensibile. Onestamente negli ultimi anni ho visto soltanto pochissimi
individui fare delle scelte avvedute: La Dark Horse, la
Oni Press sicuramente,
adesso sembrerebbe interessante la strada che sta intraprendendo la
Marvel, però
è troppo presto poi per giudicare, la DC ritengo che sia oggettivamente fuori
mercato nel perseguire una politica delle 70/80 testate mensili, perché se tu
vuoi dare spunti per altri media , in quanto fai parte del gruppo
Time-Warner,
non ha alcun senso fare testate regolari, bastano miniserie e graphic-novel, se
tu pensi di rivenderti i tuoi personaggi come fa la
Disney e come fa la stessa
DC per il licensing, per la pubblicità o per qualsiasi altro tipo di prodotto
di merchandising, altrettanto non ha alcun senso dover uscire con 12 collane
mensili di Batman. Se vogliamo portare alle estreme conseguenze il discorso, ne
basta una. Non lo so, mi sembra più una scelta fatta quasi per giustificare i
costi di un personale che ormai sta lì, presumibilmente con contratti a lunga
scadenza e deve continuare a esistere. Se io fossi il responsabile nel consiglio
d’amministrazione
America On Line – Time/Warner delegato a giudicare
l’operato DC, effettuerei dei tagli radicali e non vedrei la logica…però
sai, sono situazioni talmente lontane, giudicarle da qui, senza esserci dentro
comporta sicuramente degli errori di valutazione, quindi…però dagli Stati
Uniti il problema è che non arrivano prodotti industrialmente validi a
differenza che dal Giappone e questo poi si ripercuote anche sull’Italia. Un
altro dei problemi che arriva dagli USA è che poi la nicchia super-eroi
continua da essere sfruttata con un’ossessione che non ha riscontro in
nessun’altra forma di media, perché il cinema americano domina nel mondo in
quanto sa proporre storie che hanno appeal su tutte le fasce di pubblico, sia
tutte le fasce demografiche sia tutti i gusti per quanto concerne i generi
narrativi. Il fumetto americano, in particolare Marvel e DC, continuano
imperterriti a impuntarsi sul supereroe che può piacere solo ed esclusivamente
al maschio dai 14 ai 25 anni e che poi in rari casi continua oltre i 25 anni
perché c’è un effetto nostalgia, un fattore collezionismo, un
attaccamento… ma non potrà mai fare breccia nel pubblico femminile che da
sempre è un elevato consumatore della carta stampata, non riesce a fare breccia
nel pubblico adulto che magari non si era appassionato in giovane età ai
fumetti e in una fumetteria non andrà mai a cercarsi Superman, semmai potrà
andarsia cercare il prodotto Vertigo se vogliamo, quando non è totalmente
incomprensibile o il prodotto Dark Horse, però di norma non si avvicina al
fumetto americano, è quello il problema di fondo, perché non presenta una
vasta gamma di alternative sufficienti se non nel settore della stampa
alternativa, degli editori indipendenti e da qui, sicuramente la fortuna di un
editore come la Magic Press che è stato previdente ad accaparrarsi un certo
tipo di titoli o anche un editore come Macchia Nera o i Simpson, che sono stati
liberi sul mercato per anni e anni e nessuno li ha mai voluti…quindi la DC
continuando a proporre 45 collane supereroistiche al mese automaticamente non
fornisce un prodotto utile al mercato italiano, fornisce un prodotto di estrema
nicchia, questo è quanto. La Marvel all’interno di questa estrema nicchia ha
tradizionalmente una quantità di lettori superiore in Italia, perché ci sono
comunque i lettori Corno che formano uno zoccolo duro e poi
anche nei primi anni 90 quelli che si sono formati con la new-wave del
fumetto americano si sono formati con i fumetti
Marvel, perché
L'Uomo
Ragno
e
X-Men
erano già distribuiti bene e fortemente quando
Superman e Batman ancora erano in mano alla
Rizzoli e quindi non li leggeva
nessuno. Superman e Batman sono arrivati… Superman nell’ultimo anno del
grande boom, Batman già nel primo anno della crisi e quindi non hanno fatto in
tempo ad attecchire, come si contrae il mercato vedi che Superman e Batman non
resistono, non sopravvivono, gli albi Marvel partono da presupposti di partenza
più forti, poi dopo di che va be… Marvel Italia, oggi
Panini
Comics, ha uno
sforzo e risorse umane che non è assolutamente paragonabile a quello di Play e
Magic, quindi sa anche curarsi un suo prodotto.
Prima
mi dicevi che attualmente gli unici che potrebbero (forse) riportare la DC in
Italia potrebbero essere proprio quelli della Marvel Italia. Nessun altro
editore può avere le strutture che hanno loro?
Strutture,
competenze…presumo, ma questa è una mia congettura, anche capitali per
investire in questo genere di prodotti. Sicuramente sarebbero in grado di
sinergizzare i personaggi DC tra le varie testate esistenti, perché tu riesci a
fare un cross-over di pubblico molto chiaro, perché c’è un over-lap di
lettori tra le testate Marvel,
Image
(che pubblica già la Panini Comics) e
quelli DC nello stesso tempo potresti avvicinare parte dei tuoi lettori manga,
ai già risorse umane utili perché hai editor competenti, traduttori
competenti, collaboratori competenti e naturalmente c’è un’ovvia economia
di scala nel rapporto con le tipografie e con i distributori. Non mi sembra che
ci siano altre realtà paragonabili alla Marvel Italia se si vuole ragionare in
termini di uno sfruttamento commerciale di un prodotto
DC Universe volendolo
rilanciare in edicola, a parte ovviamente quelli che sono gli attuali
licenziatari italiani che rimangono quelli della Play Press, quindi facciamo
congetture ipotetiche. Altri avrebbero un approccio più
esteticamente…diventerebbe più centrale nella loro linea editoriale un albo
di Superman e Batman che non all’interno di un out-put mensile Marvel però
poi.. non so quanti sarebbero in grado di gestire una notevole quantità di
uscite mensili di coordinarle e poi di spalmare lo sforzo di marketing su
un’altra grande quantità di testate pre-esistenti che quindi possa attrarre
pubblico che prima non veniva attratto e recuperare quelle tirature che sono
necessarie per andare in edicola. Vedo altri licenziatari soltanto in grado di
fare quello che già sta facendo la Play Press, cioè essere presenti in
libreria.
Ti
riferisci alla Magic?
O
a chi altro possa essere interessato a diritti DC Comics, poi ci sarebbero anche
altre strade ma sono strade puramente teoriche nel senso che negli anni 80
grandi editori hanno posseduto i diritti del materiale DC, non mi sembra che
siano interessati e non vedo perché dovrebbero esserlo, però le situazioni
possono sempre mutare, mai dire mai insomma, sulla vieta che tra 5 anni ci sia
invece una linea libraria fumettistica e voglia metterci anche Superman e Batman,
non si può dire oggi che cosa possa fare Rizzoli, Mondadori o altri, però per
il momento oltre fare l’occasionale
Superman
in
Oscar
Mondadori
o
Batman
in
Oscar
Mondadori
o affini non vedo questa possibilità.
Ok,
cambiamo un po’ argomento: quali sono i tuoi autori preferiti?
Troppi
per elencarli tutti!
Dimmene
tre, dai…
Autori
preferiti… guarda, per il fumetto latino-americano sicuramente Carlos
Trillo, per il fumetto americano io sono nato
con Stan Lee &
Jack Kirby e quindi
la Marvel della Silver Age e della prima Età del Bronzo mi rimane nel cuore. La
forza creativa che usciva da quegli albi, l’originalità, era talmente
dirompente che non si può non considerarla come un corpus narrativo geniale!
Gli altri sono epigoni e chi più chi meno hanno saputo innovare sul genere ma
purtroppo la verità è che faccio fatica a ricordarmi dei nuovi personaggi nati
negli anni 80 e soprattutto negli anni 90 che abbiano la stessa forza di quelli
crati da Stan Lee & Jack Kirby negli anni 60, di quelli ricreati da Julius
Schwartz alla
DC nella metà degli anni 50, la Legione dei Super-Eroi, i comprimari principali
di Superman come
Supergirl
e poi una certa tipologia di storie che è il famoso
serial in tre parti, dove si fecero le vere grandi storie di Superman. La prima
morte di Superman è del 61, la storia del
Superman Rosso & Blu è degli
anni 60, poi dopo sono state riadattate, sono dei ramake quelli degli anni 90.
Questo per quanto concerne gli Stati Uniti.
E
gli italiani?
Mha,
di italiani non sono mai stato un lettore bonelliano convinto, non perché
non mi piacciano ma perché poi alla fine devi compiere delle scelte, o leggi
una cosa o leggi un’altra…forse da bambino mi hanno attratto di più quegli
alboni colorati giganti che faceva la
Corno rispetto all’albetto in bianco e
nero, sporco, di
Tex
o del detective bonelliano. Sicuramente grandi
autori, per cui ne nomini uno, fai torto a qualcun altro, perché se nomini
Pratt
puoi fare torto a Giardino,
se nomini Toppi… c’è stata una
grande scuola, forse adesso sembra un po’ in via d’esaurimento la grande
scuola classica e potrebbero aprirsi spazi per nuovi filoni e differenti
tipologie d’approccio al personaggio e alla struttura narrativa da parte degli
autori. Quello che serve, però, è anche coraggio negli editori sul puntare su
perfetti sconosciuti e non c’è grandissimo coraggio a parte rari casi,
insomma. Gran parte dgli autori italiani oggi lavorano con la Eura, se non
lavorano con Bonelli o con Disney e quindi devono comunque entrare in un
meccanismo che va un livellamento verso il basso per rendere commerciale il
prodotto. Guarda comunque tra gli autori bonelliani conosco molto bene Memola,
ho conosciuto di recente Luca Enoch,
anche se non è un bonelliano conosco e ho una grande amicizia con Ade
Capone e ritengo che tutti e tre stiano facendo
uno splendido lavoro, in particolare Ade è una persona di grande inventiva e
sono convinto che nei prossimi anni si lancerà…sarà considerato tra i grandi
del fumetto italiano, sono convinto che non ci sarà chi a breve non lo nominerà
come uno degli autori in assoluto migliori per quello che è il settore
avventura-thriller.
Ok,
l’ultimissima domanda: devi andare su un’isola deserta puoi portare solo tre
fumetti, quali porti?
Questa
è tosta come quella dei tre autori preferiti! Devono essere pure belli corposi,
perché per durare su un’isola deserta...
Sicuramente
mi porterei appresso gli
Elenchi
del
telefono
di
Cerebrus,
che sono geniali e Dave Sim peraltro non
concederà mai una traduzione né in italiano né in nessun altra lingua perché
non è assolutamente in grado di controllare la qualità della traduzione, lui
è un maniaco e quindi… rimangono solo a disposizione di chi è in grado di
capire quel linguaggio complicatissimo pieno di anche neologismi, espressioni
complicate, slang, giochi di parole…è difficilissimo leggere Cerebrus,
ma se si riesce a entrare nell’atmosfera è geniale, soprattutto i primi 150
numeri. Poi è un po’ calato ma si sta riprendendo.
Come
ti dicevo mi riporterei appresso gli albi di Lee & Kirby, mi chiederai di fare una scelta… dai diciamo Fantastici
Quattro 101-102, per motivi affettivi, me
li darò riletti 150 volte ma continuano ad essere fantastici, come da titolo.
Cos’altro
mi porterei… abbiamo citato un’opera intellettuale, abbiamo citato
un’opera di fantascienza-avventura, umoristico… be’ ce ne sono tanti… se
vogliamo fare un nome italiano resto un affezionato di Alan
Ford, i numeri firmati da Magnus, i
primi 75. Se vogliamo estenderci, l’opera omnia di Calvin & Hobbes,
difficile non citarli, sicuramente tanto altro, quindi…non vorrei stare su
un’isola deserta soltanto con tre fumetti!
…infatti
non è proprio il massimo della vita! Grazie per la disponibilità, Andrea!
Tutte
le immagini presentate in questa intervista sono © DC Comics.
(29/6/2001)
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