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Federico Memola a cura di Stefano Perullo
Ci ha fatto viaggiare nelle profondità degli spazi siderali con la Legione Stellare. Con Jonathan Steele ci ha condotto in un futuro prossimo in cui la magia regna sovrana, ci ha portato al cospetto degli Dei di quel mondo e ci ha scaraventato in una realtà alternativa … ora Federico Memola è ospite del nostro salottino virtuale! Benvenuto Federico! Come consuetudine di questo spazio, ti invito a parlarci un po’ di te: chi è Federico Memola?
La
mia è una storia piuttosto banale e priva di interesse: sono nato a
Milano nel 1967 e ho condotto un'esistenza piuttosto normale. Sono sempre
stato appassionato di cinema e fumetti sin da bambino, ma ho avuto la
grande fortuna che anche i miei genitori lo fossero, quindi sono cresciuto
insieme a Gary Cooper, Cary Grant, James Stewart, e leggendo Rip Kirby,
Mort Cinder, Saturno contro la Terra, Flash Gordon, il Principe Valiant,
Asterix, Tintin, le storie di Barks, Gottfredson, Scarpa e Cavazzano…
Contrariamente a quanto avviene per la maggior parte delle persone, ho
potuto vivere, concentrata in pochi anni, l'evoluzione della narrativa per
immagini invece di riscoprirla in seguito. Dopo essermi diplomato in
Lingue Straniere, mi sono iscritto all'università. Nel frattempo ho
cominciato a guadagnarmi qualcosa con lavoretti vari (benché sin da
ragazzino mi divertissi a scrivere storie, non pensavo che sarei riuscito
veramente a farne il mio lavoro). Poi, una sera (era il Gennaio del 1989)
conobbi per caso Antonio Serra e diventammo amici. E' stato lui a fare il
mio nome a Marcello Toninelli quando questi cercava un redattore per la
nuova edizione di Fumo di China, rivista su cui ho anche esordito come
sceneggiatore. E, grazie alle storie pubblicate su FdC, Teresa Marzia,
Mario Alberti, Luca Enoch e io ricevemmo successivamente la proposta di
lavorare per l'Intrepido.
Nel 1993, a soli 26 anni (ho sbirciato la tua biografia! – NdStefano), sei entrato a far parte dello staff della Sergio Bonelli Editore. Come si è concretizzata questa tappa fondamentale della tua carriera?
Lasciata
(senza rimpianti) l'università, da tre anni lavoravo come redattore a
Fumo di China e da un anno collaboravo già con la Bonelli rispondendo a
una parte della corrispondenza, mentre un mio soggetto per Nathan
Never giaceva nella mani di Antonio Serra in attesa di giudizio (che
poi fu positivo, visto che è diventato il n. 45 della serie). Quando nel
'93 venne a mancare un redattore, mi chiesero se ero interessato ad essere
assunto. Lo stesso Toninelli non ebbe obiezioni al mio
"abbandono" (anche perché lo stipendio che mi dava era di
500.000 lire a numero, cioè ogni due mesi!).
Ricordi qual è stato il tuo primo incarico
ufficiale?
Domanda
difficile: quando iniziai a lavorare in redazione mi fecero fare un po' di
tutto, forse per vedere anche loro che cosa sapevo fare o che cosa mi
riusciva meglio (un giorno ho anche svolto la mansione di fattorino!).Uno
dei miei primissimi incarichi, comunque fu quello di correttore di bozze
degli Almanacchi.
Dopo qualche sceneggiatura per alcune testate dell’editore di Via Buonarroti è giunto il delicatissimo incarico di curare ZONA X. Un incarico, secondo me, molto arduo per diversi motivi (ho l’impressione che la testata fosse rivolta ad un pubblico molto diverso da quello classico Bonelliano, inoltre presentava una pletora di personaggi ed ambientazioni nuove ecc…). Cosa ricordi di quel periodo?
Quello
di Zona X è stato un periodo
che ricordo ancora con grande piacere: il fatto che ci fossero varie serie
aveva creato un vero e proprio gruppo creativo, composto da me, Vincenzo
Beretta, Stefano Vietti, Alessandro Russo, Francesco Donato e Livio
Bolognesi. Malgrado fossi io il solo e unico curatore della testata, molte
decisioni venivano prese discutendone tutti insieme, fornendoci
reciprocamente spunti e idee. Va detto che eravamo tutti alle prime armi,
quindi più entusiasti che scafati (con l'eccezione di Luigi Mignacco, che
si è unito a noi in seguito), e questo ci ha portato a commettere anche
degli errori, ma i risultati che abbiamo ottenuto erano veramente buoni, e
l'esperienza di Zona X è stata
fondamentale per tutti noi. Anche gli inevitabili scontri che ogni tanto
si verificavano non incrinavano l'entusiasmo con cui lavoravamo (anzi, la
maggior parte delle volte erano originati proprio da un eccesso di
partecipazione), e ancora oggi io e Vincenzo Beretta ogni tanto ricordiamo
i vecchi tempi come due vecchietti nostalgici, incuranti delle facce
annoiate di chi ha già sentito quelle storie decine di volte!
Dopo poco più di quaranta numeri - purtroppo - ZONA X cessò le pubblicazioni. La chiusura fu una conseguenza di vendite poco soddisfacenti oppure scaturì solo dalla volontà di proporre qualcosa di più “consueto” (per formato editoriale) al lettore?
La
decisione scaturì da due circostanze ben precise: da una parte c'era la
cruda realtà delle vendite decisamente insoddisfacenti per la casa
editrice, dall'altra la consapevolezza di un potenziale artistico sempre
crescente e poco sfruttato. Tieni anche presente che Zona
X non godeva nemmeno di quel prestigio che a volte da solo giustifica
il mantenimento in vita di una testata. Era una collana non ben
classificabile per la maggior parte dei lettori bonelliani, abituati al
personaggio fisso (e fin qui lo capisco), ma veniva anche del tutto
ignorata dalla "critica". In compenso, quei lettori che la
compravano ancora oggi la rimpiangono. E, con la fondamentale differenza
che le vendite sono migliori, la stessa situazione si sta ripetendo oggi
con Jonathan Steele: è una
serie molto amata dai suoi lettori, che la seguono con partecipazione ed
entusiasmo, ma viene completamente snobbata dalla cosiddetta "critica
ufficiale". Su questo è inutile essere ipocriti: vivo benissimo lo
stesso, ma certo non mi fa piacere!
Dalle ceneri di ZONA X nacque JONATHAN STEELE. E’ vero che questa serie doveva essere pubblicata proprio sulle pagine dell’antologico ZONA X?
La
mia intenzione era quella. Poi, quando il destino di Zona X è stato deciso, Decio Canzio e Sergio Bonelli mi hanno
chiesto di visionare il materiale che avevamo già prodotto per questa
nuova serie e hanno deciso che poteva diventare una testata autonoma. Devo
dire che mi consola il fatto che Zona
X abbia lasciato una bella eredità: oltre a Jonathan, anche Storie da Altrove e Dampyr
erano serie originariamente destinate ad essa, per non parlare delle due
storie di Bonvi & Cavazzano poi pubblicate nella collana dei Grandi Comici. Inoltre ha "seminato" disegnatori un po'
ovunque: Julia (Zaghi), Napoleone
(Gennari), Nick Raider (Castiglioni),
Martin Mystère (Romanini e
Russo), e addirittura Tex
(Mario Milano, Rossano Rossi e i fratelli Cestaro).
Come è nata l’idea che si trova alla base dell’ambientazione di JS?
I
personaggi sono nati ancora quando lavoravo a Fumo di China, nel 1990. Con
gli anni ho continuato a "cullarmi" questo progetto continuando
a lavorarci sopra, limandolo e aggiustandolo in attesa dell'occasione
giusta. Che poi credevo essere arrivata con Zona
X.
Ti confesso che quando lessi il primo
episodio di JS, non fui particolarmente colpito. Mi venne in mente che una
delle pecche della Bonelli consista nell’aver proposto,
indifferentemente dall’ambientazione, troppo spesso un investigatore (o
indagatore) privato. Si tratta di una casualità oppure di una precisa
strategia della casa editrice?
Perché
i personaggi bonelliani sono spesso investigatori? Perché nella narrativa
quella dell'investigatore è una delle figure che pone meno limiti
nell'avventura. Ma Jonathan, come dice più volte lui stesso, non è un
investigatore privato, viene spacciato per tale per un problema di
"definizione", di "etichetta", se vuoi. A parte ciò,
bisogna tenere sempre conto della filosofia della casa editrice. molti
rimproverano alla Bonelli di non proporre personaggi negativi, non
rendendosi conto di pretendere qualcosa che va contro la filosofia della
casa editrice: sarebbe come chiedere alla Marvel di fare un fumetto come
Blondie & Dagoberto, o a un musulmano di pregare in direzione del
Vaticano. La Bonelli propone fumetti con eroi positivi. Jonathan, con il
suo comportamento, è il personaggio più ambiguo e più nell'ombra, ha
raggiunto il limite e messo mezzo piede di là. E lì si ferma, perché io
per primo non sono interessato ad andare oltre: i personaggi negativi non
mi interessano, non sarei nemmeno capace di scriverli, forse perché non
accetto mai gli estremismi, né da un senso né dall'altro.
Dopo qualche albo di rodaggio (sempre una mia impressione personale, ovviamente) la serie invece è davvero decollata, rivelandosi ai lettori come una delle più originali. Una delle sue peculiarità è quella di avere una continuità narrativa molto rigida. E’ difficile gestire una narrazione di questo tipo?
Non
è difficile in sé, perché io mi diverto a scrivere in questo modo e mi
viene naturale. Lo è, invece, per un prodotto seriale come il nostro,
dove nel corso della lavorazione, sono molti gli imprevisti che possono
costringerti a modificare la programmazione rischiando di compromettere il
giusto ordine degli eventi. Quando poi metti in piedi delle saghe, come
quella sulla Luna o quella fantasy e perciò non puoi permetterti il
minimo spostamento, cominci a sudare freddo all'inizio della lavorazione e
non smetti finché l'ultimo albo non va in stampa!
L’aspetto più interessante di JS è che non può assolutamente essere etichettato. Nelle sue avventure c’è tutto … fantascienza, azione, avventura ed ora anche fantasy. Tu come definiresti JS?
A
me piace considerarlo principalmente un fumetto di avventura, che è un
genere trasversale. Poi, a seconda delle storie, ci possono essere
sfumature fantasy, fantascientifiche, gialle, rosa… proprio di tutto. Il
fatto che sfugga a una precisa catalogazione per me è un pregio e
riflette in fondo il carattere del protagonista, ma dovrebbe anche tenere
desto l'interesse del lettore, che ogni volta non sa che cosa troverà
nell'albo. In realtà la maggior parte dei lettori ragiona in modo
contrario al mio, cerca nelle storie che legge ambienti e schemi
familiari, reiterazioni quasi rassicuranti, e ciò costituisce certamente
un limite nella diffusione della collana. Ma ormai questa è la filosofia
della serie, se la tradissi, i lettori che la seguono ne rimarrebbero
delusi. E io con loro.
A febbraio si è conclusa un’avventura molto divertente ambientata in una terra alternativa. Una dimensione fantasy. Si dice che Sergio Bonelli non creda in questo genere narrativo. Come hai fatto a convincerlo?
Facendolo
e basta. D'altronde, le tematiche delle storie all'interno della serie le
decido io, quindi non ho dovuto chiedere alcun permesso. Quando ormai
mancavano pochi mesi all'uscita, mi sono limitato a comunicare che ci
sarebbe stata questa saga solo per sapere se la casa editrice poteva
essere interessata a promuoverla in qualche modo, cosa che ha fatto con i
volantini distribuiti alle varie fiere lo scorso autunno.
Hai già previsto un seguito per questa storia?
E'
un'ambientazione che a me piace molto, quindi mi sono lasciato aperta la
porta per poterla sfruttare ancora, anche se nei prossimi mesi la
precedenza andrà ad altre tematiche.
Ci puoi rivelare cosa ci riservano nel
futuro le avventure di Jonathan?
Un
mucchio di sorprese e di sviluppi (mi auguro) inaspettati: a parte il
numero 50, che proporrà una storia particolare (che farà versare qualche
lacrimuccia di commozione ai lettori di Zona
X), ci sono ancora molte cose da raccontare nella serie: le vicende
legate agli dei, il rapporto fra Jonathan e Myriam, la vera storia di
Jasmine e del suo libretto, le Crimson Seven… Anche escludendo quelle
che potranno venirmi in futuro, ho idee per almeno i prossimi due anni!
So che non mi risponderai neanche sotto tortura, ma ci provo: Il triangolo amoroso con Myriam e Jasmine è definitivamente risolto?
La
filosofia della serie è che tutto si evolve, nulla è fisso nel tempo. E
i rapporti fra i personaggi, soprattutto fra i tre protagonisti, non
sfuggono a questa regola. Però hai ragione: come si evolveranno non lo
dirò nemmeno sotto tortura.
A quali fonti attingi per scrivere le avventure di Jonathan?
Non
esistono fonti particolari. Attingo sia a quelle che sono le mie passioni
(per esempio, le antiche mitologie, l'acqua con tutti i suoi simbolismi,
la moda) sia a ciò che leggo, vedo o vivo direttamente. Per i rapporti
fra i tre protagonisti, per esempio, mi rifaccio spesso a esperienze
personali o di persone che conosco, molti dialoghi e situazioni non li ho
nemmeno inventati, mi sono limitato ad adattarli ai miei personaggi.
Che tipo di sceneggiature scrivi? Molto
dettagliate alla Berardi oppure più libere alla Castelli?
Dipende
dal disegnatore e dalle singole scene. Lavorando da anni con alcuni
disegnatori, li lascio molto liberi, magari discutendo con loro a voce la
scena anche prima di scriverla. Se invece lavoro con un disegnatore per la
prima volta, o tengo particolarmente ad alcuni aspetti della scena, cerco
di essere più dettagliato.
Quanto tempo impieghi per scrivere un
soggetto ed una sceneggiatura?
Non
esiste un tempo standard, dipende da quanto ho chiara la storia in testa e
dalla velocità del disegnatore. Seguendo più disegnatori
contemporaneamente, non posso scrivere una sola storia di seguito, scrivo
alcune pagine per uno, poi altre per il secondo e così via, finché non
completo il giro, e scrivo nuove pagine per il primo disegnatore, che nel
frattempo starà terminando quelle che gli avevo dato.
In genere scrivi una storia sapendo già chi
la disegnerà?
Sì,
essendo il curatore della serie, so sempre a chi andrà ogni singola
storia anche prima di cominciare a scriverla.
Come è strutturata la tua giornata
lavorativa tipica?
Non
ho una giornata lavorativa tipica, ogni giornata fa caso a sé. Di certo
questo mette al sicuro dalla noia della routine!
Che consiglio daresti ai giovani (ed
aspiranti) autori, tu che sei un giovane autore?
Forse
proprio quello di non smettere mai di essere un giovane autore: lavorando
si imparano i trucchi del mestiere, si accumula esperienza, si diventa dei
professionisti, ma è importante non perdere mai né l'entusiasmo, né la
voglia di imparare.
Nel tuo futuro lavorativo c’è posto per
qualche altro progetto? Si parla da molto di un ritorno della legione
stellare…
Di
progetti ne ho un po', compreso il seguito di Legione Stellare, insieme al
disegnatore storico della serie, Sergio Giardo. Purtroppo ai miei problemi
di tempo si aggiungono soprattutto quelli dei disegnatori che contatto per
realizzarli, quasi sempre molto disponibili in linea teorica, ma poi
troppo presi dagli altri lavori per riuscire anche solo a completare una
proposta da presentare in giro. La stessa saga fantasy, per esempio, è
nata da uno di questi progetti: è in lavorazione da più di due anni e
ancora non ne esiste una presentazione completa! Così ho deciso almeno di
sfruttare una parte di quel background
(compresi alcuni personaggi) su Jonathan. Però spero un giorno di
riuscire a portare a termine almeno una di queste presentazioni, perché
preferisco subire un rifiuto da parte di una casa editrice e mettermi il
cuore in pace piuttosto che rimanere sempre col dubbio.
Sei un lettore di fumetti? Se la tua
risposta è affermativa, quali sono i tuoi personaggi ed autori preferiti?
Fare
un elenco dei fumetti che leggo sarebbe troppo lungo; Oggi gli autori che
seguo sono veramente tanti e sparsi un po' per tutto il mondo. Fra i miei
preferiti (sia disegnatori che sceneggiatori) posso citare, in rigoroso
ordine sparso: Goscinny, Charlier, Marini, Tome & Janry, Felix Meynet,
Alan Davis, Art Adams, Frank Cho, E.G. Seijas, Horacio Altuna, Alfonso
Font, Kaoru Shintani, Hiroyuki Kitazume, Mitsuru Adachi e tanti, davvero
tanti altri. Fra gli italiani il discorso è più complesso, perché molti
degli autori che mi piacciono e ammiro li conosco di persona, se non sono
addirittura carissimi amici. Perciò vorrei citarne solo alcuni che
secondo me sono autori ancora sottovalutati, a volte per oggettiva miopia
della critica, a volte perché è l'autore stesso a "tarparsi le
ali" per problemi personali. Il caso più eclatante del primo gruppo
è Mario Alberti, uno dei migliori disegnatori italiani che abbiamo oggi,
mentre nel secondo gruppo metterei certamente Sergio Masperi (che lavora
come grafico alla Bonelli, ma ha uno straordinario talento nel disegno
umoristico), Vincenzo Beretta (con il quale bisogna sputar sangue per
fargli mollare qualche tavola di sceneggiatura, ma poi scrive storie
sempre interessanti e avvincenti) e Teresa Marzia (le cui capacità
veramente straordinarie vengono sommerse dai problemi che si fa ogni volta
che prende una matita in mano). prima che lo faccia notare qualcuno, lo
anticipo io: sono fra i miei migliori amici, ma questo non influenza il
mio giudizio sul loro talento.
Credo proprio che sia tutto! Vuoi aggiungere
qualcosa?
Mi
sembra di aver già parlato tanto, forse troppo, però una cosa vorrei
dirla: a dispetto della crisi e di chi rimpiange i grandi di una volta
perché oggi non ci sono più autori, vorrei far invece notare come in
questi ultimi anni io abbia visto un gran fermento e un grande entusiasmo
fra chi nel fumetto ci crede davvero. Giovani autori come Carmine di
Giandomenico, Andrea Accardi, Federica Manfredi, David Messina, Fabio
Mantovani, Jacopo Camagni, Elettra Gorni e (chiedendo scusa a chi non ho
citato malgrado lo meritasse) tanti altri, ma anche lettori e critici in
erba che crescono (più numerosi e meglio rispetto a ben più blasonate
riviste) grazie a Internet… Beh, tutto questo mi rende ottimista sul
futuro del fumetto. Forse la mia è solo un'illusione, ma ho sempre
creduto che il pessimismo conduca solo a vicoli ciechi.
Grazie!
(25/3/2003)
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