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Stefano Piani di Stefano Perullo
La "hall of fame" di AmazingComics.it si impreziosisce di un altro esponente di primo piano del panorama editoriale nostrano. Ospite del nostro salottino virtuale, infatti, questa volta è Stefano Piani, sceneggiatore di casa Bonelli impegnatissimo su più fronti. Ciao Stefano e benvenuto su Amazing, come al solito ti invito a rompere il ghiaccio con i nostri lettori parlandoci un po' di te e dei tuoi vizi, virtù, passioni e quanto altro tu voglia aggiungere; insomma chi è Stefano Piani secondo sé medesimo?
Ho 38 anni, sono nato nel 1965, e ho, da sempre, una passione divorante per letteratura, cinema e fumetti. Per anni ho realizzato vignette di satira politica (nasco come disegnatore), pubblicando anche su CUORE. Poi, quasi casualmente, ho abbandonato il disegno e sono passato alla sceneggiatura. Attualmente lavoro per la "Sergio Bonelli Editore" e da pochi mesi anche per la Walt Disney. Ad Agosto è uscita la mia prima storia per PK intitolata <Turisti dallo spazio>. Sono una persona metodica. Ogni mattina alle nove (incluso il sabato) mi siedo davanti al mio Macintosh, e scrivo fino all'ora di pranzo. Se non sono soddisfatto della quantità di tavole realizzato nella mattinata continuo a scrivere anche il pomeriggio, altrimenti leggo.
Leggendo questa tua ultima affermazione devo confessarti di aver provato un po' di invidia nei tuoi confronti. Mezza giornata di lavoro e mezza dedicata ad approfondimento e, tutto sommato, svago. A pensarci meglio, però, mi chiedo, e dunque ti chiedo, se trai piacere dalla parte della giornata in cui ti dedichi alla lettura oppure se, preso dalla necessità di dover leggere per poter meglio svolgere il tuo lavoro tu abbia perso tutto il piacere che si trae da un buon libro. Leggere, per te, è diventato un procedimento meccanico?
Assolutamente no. Anche quando leggo libri per lavoro (per documentarmi su qualche argomento) il gusto che mi dà la lettura è talmente forte che tutto il resto passa in secondo piano. Leggere, per me, non è mai stato, né mai sarà un procedimento meccanico, è sempre e comunque un piacere… E questo è dato anche dalla consapevolezza che ogni cosa che leggo può, improvvisamente, trasformarsi in una idea. Le idee si trovano dappertutto, Lo spunto per una storia di Nathan Never, per esempio, può venire anche da "Repubblica" e non solo da un romanzo di fantascienza (genere che io non amo particolarmente e frequento poco). A volte anche una semplice frase ascoltata in televisione può spalancarti un intero mondo…
Ammetto di essere un po' invidioso del tuo lavoro. Hai la fortuna di poter leggere indisturbato per quattro o cinque ore di poter affermare: "Mi dispiace oggi ho da lavorare!". Scherzi a parte, come fai a conciliare tanto tempo dedicato alla lettura con gli impegni della famiglia e della vita privata?
Beh, io tra scrittura e lettura lavoro circa 8/9 ore al giorno, come una persona normale. Alle sei di sera ho finito e posso dedicarmi alla mia ragazza e agli amici. Poi c'è il fine settimana (il sabato a volte lavoro, ma la domenica non lo faccio quasi mai). Dal 1996 al 2002 ho fatto il redattore alla Sergio Bonelli. Lavoravo in redazione dalle 9 di mattina fino alle 12.30 e il pomeriggio scrivevo a casa. La cosa che mi mancava di più era il tempo per leggere e così, sia pure a malincuore, ho lasciato il lavoro redazionale.
Recentemente ho letto un'intervista a Giancarlo Berardi nella quale affermava che, giunto ad un certo punto della sua vita lavorativa, aveva dovuto necessariamente affittare uno studio per poter lavorare liberamente, avvertendo la sensazione di recarsi in ufficio. Tu lavori a casa?
Sì e mi trovo molto bene. Sono una persona "casalinga" e l'idea di non dovere obbligatoriamente uscire di casa ogni mattina (se non per andare all'edicola a comprare i giornali) mi piace molto. Questo è possibile perché sono estremamente metodico, (quando devo scrivere scrivo, cascasse il mondo) con una capacità di concentrazione molto alta: è difficile che qualcosa o qualcuno possa distrarmi dal mio lavoro. Scrivo ascoltando la musica, preferibilmente jazz: Charlie Parker e Ella Fitzgerald, ma anche swing degli anni '30 e '40, ma mi piacciono molto anche Bob Dylan, Tom Waits, Francesco Guccini e Nick Cave.
Per la Sergio Bonelli Editore ti occupi della realizzazione dei soggetti e delle sceneggiature di ben tre testate (NICK RAIDER, LEGS WEAVER e NATHAN NEVER). Ad una prima impressione sembrerebbe che tu sia molto veloce nello scrivere storie: quanto tempo ci impieghi per fornire un tuo lavoro completo al disegnatore di turno?
E' difficile dirlo. Di solito lavoro su più storie che porto avanti contemporaneamente. Di media, comunque, adesso, faccio una trentina di tavole a settimana, ma sono arrivato anche a farne 60 o 70 in passato. Lavoro sempre senza soggetto, proseguendo a piccoli blocchi di tavole, una decina, ogni volta che il disegnatore ha bisogno. Diciamo che se lavorassi solo su un albo per volta per scrivere un albo ci impiegherei una quindicina di giorni.
A prescindere dall'ambientazione, radicalmente diversa, tutte e tre le serie cui ti dedichi sono poliziesche. Quale approccio hai per scrivere le sceneggiature di ciascuna di esse?
Io sono un cultore del genere poliziesco e delle procedure investigative. E' per questo motivo che la maggior parte delle storie che ho scritto, anche quelle di fantascienza, sono comunque codificabili all'interno di questo genere. Lo scrittore di genere che amo di più è James Ellroy, ma mi piacciono molto anche Ed McBain e Georges Simenon. Leggo sempre volentieri Michael Connelly e Robert Crais (le parti "criminalistiche" sono sempre molto curate). Detesto invece, visceralmente, Patricia Cornwell e James Patterson. Dopo avere brevemente divagato passo ora alla risposta vera e propria. Quando scrivo Nick Raider devo sempre tenere presente che si tratta di una serie molto realistica che, però, ha come protagonista un non-personaggio. Nick non ha la forza di Nathan Never ed è molto difficile da gestire in quanto non è stato mai caratterizzato a fondo. E' per questo motivo che cerco sempre di privilegiare, al contrario di quanto faccio, per esempio su Nathan o su Legs, la storia rispetto al personaggio. Il mio primo obiettivo, quando scrivo Nick è che la storia sia così credibile e avvincente da supplire alle carenze del personaggio…
Heilà! Mi sfidi su quello che considero anche il mio campo. Anche io sono un cultore del genere poliziesco, adoro i romanzi di Ed McBain e la sua abilità di fondere in un genere letterario così bistrattato delle tematiche forti e delle divagazioni da grande romanziere. Personalmente sono, però, abbastanza scettico nei confronti di molti nuovi romanzieri da alta classifica. Capisco, ad esempio la tua ritrosia nei confronti di Patterson … ad esempio io ho trovato molto deludente Jeffrey Deaver, mi stupisce il tuo odio viscerale per Patricia Cornwell, di cui sono un lettore abbastanza fedele, a cosa è dovuto?
La trovo insopportabile. Kay Scarpetta a mio modo di vedere è un personaggio insulso e psicologicamente poco credibile. Anche le indagini in cui è coinvolta, a parte qualche annotazione criminalistica interessante, fanno spesso acqua da tutte le parti. Della Cornwell io salverei solo i primi tre romanzi, Gli altri sono robaccia. Per quanto riguarda Jeffery Deaver la penso diversamente da te. Anche i suoi romanzi molto spesso risultano in alcuni punti poco credibili, però, al contrario della Cornwell, Darver è molto abile nei dialoghi e nel creare colpi di scena a raffica… E questo rende comunque piacevole anche la lettura dei suoi romanzi meno riusciti
In effetti mi trovi d'accordo sul fatto che la Cornwell abbia privilegiato l'approfondimento del personaggio, da un punto di vista umano e caratteriale, e del suo cast di personaggi. Esagerando. Dopo la pubblicazione dell'ultimo (per il momento?) romanzo dedicato a Kay Scarpetta l'ha portata in un tale vicolo cieco narrativo, a mio parere, che adesso non sa più come tirarsene fuori. In effetti a me è proprio questo lavoro, alle volte esagerato, sui personaggi che mi affascina. Deaver, invece, mi sembra esageri oltremodo proprio con i colpi di scena … alla lunga diventano noiosi. Prendi ad esempio, se lo hai letto, "La Lacrima del diavolo", si tratta di un libro che ha alla base un'idea geniale, ma nel quale l'abbondare di colpi di scena abbastanza prevedibili annoia a morte il lettore (o almeno lo ha fatto nel mio caso). A questo punto, però, il dovere di cronaca mi impone di chiederti perché ritieni Patterson un narratore mediocre?
Perché tutto quello che ho letto di suo: <Un bacio alle ragazze>, <Gatto & topo> e <Jack & Jill>, fa acqua da tutte le parti. E' uno di quei narratori che non si interessano alla verosimiglianza delle situazioni e io, dopo poche pagine, già non gli credo più. Mi è successa la stessa cosa recentemente con un libro di Dennis Letham, un autore che, tra l'altro, stimo e l'ho lasciato lì a pagina 50. Per quanto riguarda <La lacrima del diavolo> penso che sia insieme a <Profondo blu> il peggior libro di Deaver. Leggi <Lo scheletro che balla> o <Il silenzio dei rapiti> se vuoi divertirti. Detto questo dopo che hai letto due libri di Deaver e hai scoperto il gioco: di solito c'è qualcuno che non è quello che dice di essere, e il divertimento finisce.
Quali romanzi ci consiglieresti di leggere?
Tutti quelli degli autori che ho citato prima Ellroy, Connelly, Crais, Mc Bain e Simenon, ma anche Lansdale e Ed Bunker e John Connolly … Poi Patricia Highsmith … Gli autori di gialli e thriller che mi piacciono, in realtà, sono tanti, ma se dovessi confessarti quali sono i miei libri del cuore direi: <Viaggio al termine della notte> di Celine, <Guerra e Pace> di Tolstoj (il libro più bello mai scritto da un essere umano) e <American Tabloid> di Ellroy. Forse non sono i più belli in assoluto, ma sono quelli che hanno significato qualcosa per me e che ho riletto più volte.
I fumetti editi dalla SBE sono spesso accusati di essere eccessivamente "citazionisti"; da molti l'abbondare di citazioni sarebbe il palesamento di una mancanza di idee originali da parte di voi autori. Cosa rispondi a queste critiche?
Che è vero, ma che non è necessariamente un difetto. Il problema è che io scrivo più di venti storie l'anno (ormai da sei anni). Per la mia esperienza le idee originali che ti possono venire in un anno sono due o tre… Come fare, dunque, a riempire gli altri diciassette albi? Rubando una cosa qui e l'altra là e shakerando il tutto. Se lo fai bene sono citazioni, se lo fai male è plagio. Se ci pensate uno sceneggiatore Bonelli partorisce molte più idee sia di uno sceneggiatore televisivo o cinematografico sia di uno scrittore professionista che pubblica, in media, un libro ogni due anni…
Capisco il tuo discorso … eppure quando leggo questo tipo di considerazioni mi sembra di carpire una sorta di rassegnazione da parte degli autori, una rassegnazione che quasi sembra una dichiarazione di sudditanza rispetto agli altri mezzi di intrattenimento. Non credi che un atteggiamento di questo tipo possa, alla lunga risultare controproducente per il fumetti?
Esistono i fumetti popolari, ed esistono i fumetti d'autore. A volte, alcuni numeri di Dylan Dog scritti da Sclavi, i due generi si sono incrociati brevemente. Io ritengo che il fumetto sia una forma d'arte che non ha niente da invidiare alla letteratura e al cinema. Spiegelman, Mattotti, Pratt, Pazienza, solo per citare alcuni autori che amo, sono degli artisti, con la A maiuscola. Noi, autori Bonelli, siamo degli artigiani. La differenza sta tutta qui tra arte e artigianato, tra creazione e produzione.
A quali fonti attingi per avere idee e ispirazione?
Soprattutto dai libri, quasi mai dal cinema. Romanzi, ovviamente, ma anche saggi e un paio di volte anche poesie. La cosa più importante per uno sceneggiatore è leggere, andare al cinema, essere sempre informato: "nutrire la tua musa" come dice il grande Ray Bradbury. Nutrirla in parti uguali di spazzatura e tesori e lasciare che lei, nel momento del bisogno ti aiuti.
"Nutrire la propria musa", un concetto tremendamente affascinante, ma come si mette in pratica? Come decidi cosa leggere e cosa non leggere, quale film vedere?
Seguendo i miei gusti…. E tenendo sempre presente che, come ho già detto, le idee sono dappertutto basta avere la capacità di sentirle. Per esempio, io penso che, se li tratti bene e li ami, i libri ti parlino. Quando io sono a corto di idee mi metto davanti alla mia libreria e guardo le loro coste (bella parola che fa pensare al mare) Poi qualcosa succede. Federico Fellini diceva che i suoi libri uscivano dalla libreria e gli si posavano sulla mano, Io, più prosaicamente dico che la mia attenzione si focalizza, in un processo apparentemente casuale, su un libro particolare che io prendo dalla libreria. Io non so perché ho preso proprio quello ma il libro invece lo sa e, infatti, mi fornisce in un breve frusciare di pagine l'idea che stavo cercando. Come dice Bradbury, parafrasando una poesia di Wilde: "L'arte volerà se l'abbracci soavemente. L'arte morirà se l'abbracci strettamente".
Tra le tue fonti, non hai ancora citato i fumetti, ne leggi?
In passato ho letto molto e di tutto negli ultimi anni meno. Della Bonelli leggo Napoleone e Dampyr. Poi leggo molti americani, quasi tutti quelli targati Vertigo. Tra gli sceneggiatori mi piacciono molto Tiziano Sclavi, Neil Gaiman e Garth Ennis. A seguire Alan Moore e Frank Miller.
Sinceramente mi sembri poco attratto dal fumetto in sé. E' solo una mia impressione, oppure l'essere un professionista del settore ti spinge in qualche modo ad analizzare con occhio troppo critico e chirurgico il lavoro dei tuoi colleghi?
Il fumetto è stato per anni, fino a quando non ho iniziato a scriverli, una passione quasi totalizzante. Oggi non è più così: vedere i fumetti con l'occhio del professionista danneggia sicuramente la lettura, sia pure con le dovute eccezioni; per esempio, ho letto pochi giorni fa <Persepolis> di Marjane Satrapi e l'ho trovato incantevole.
Da appassionato, quali elementi deve avere una storia a fumetti per colpirti e "sedurti"? E da addetto ai lavori?
Non c'è differenza. Deve prima di tutto coinvolgermi ed essere in qualche modo evocativa. Poi viene tutto il resto.
Da anni i soliti bene informati parlano della probabile chiusura di una testata storica come NICK RAIDER, eppure da qualche anno pare che l'editore abbia deciso di potenziare la collana, coinvolgendo nuovi autori e nuovi giovani valenti disegnatori. Nonostante questo impegno, da qualche tempo, sono iniziate a circolare nuovamente voci della possibile chiusura della testata dedicata all'agente investigativo della squadra omicidi di New York (chiusura che, pare, dovrebbe avvenire con il numero 200). Se fosse vero, secondo te quali sono le ragioni che hanno indotto il pubblico a disaffezionarsi a Nick e, come autore che ne ha raccontato le gesta, che emozioni provi di fronte a questa eventuale chiusura?
Secondo me, come ho già detto, il limite di Nick Raider è proprio il personaggio. All'inizio era una specie di Tex Willer metropolitano, poi è diventato altro senza però riuscire mai a trovare una sua peculiarità. Questo però non è solo colpa degli sceneggiatori (mi ci metto dentro anch'io, ovviamente), ma anche della brevità delle storie. Il poliziesco è un genere complesso che ha bisogno di spazio per portare avanti una successione di eventi interessante. Nick ha solo 94 tavole e in quello spazio o racconti una storia o definisci meglio un personaggio, attraverso quella che comunemente si chiama commedia umana. E' questo uno dei motivi per cui Berardi, per Julia, ha chiesto di avere a disposizione 128 tavole. Chissà, forse se Nick avesse avuto 128 tavole, le cose sarebbero andate diversamente…
Questo però è un punto che non riesco realmente a capire. Da sempre si parla della "piattezza" di Nick Raider. Molti degli autori che si sono confrontati con le sue storie hanno criticato questo particolare del personaggio (ricordo una intervista in cui lo fece anche Gianfranco Manfredi) e, credo, molti lettori non si siano affezionati alle sue avventure proprio per questo motivo. Eppure la sensazione è che lo staff redazionale non abbia neanche provato ad approfondirne la personalità. Non credi che dopo 185 avventure sia quantomeno strano sentir criticare un personaggio accusandolo dello stesso difetto che lo caratterizzava già dopo il suo primo anno di pubblicazione?
Sono cambiati gli autori ma il curatore (Renato Queirolo) è sempre rimasto lo stesso. Renato è un "editor" straordinario e molto presente, che ha delle idee molto precise sul giallo e su Nick. Ai suoi sceneggiatori ha sempre chiesto di prestare più attenzione alla meccanica delle storie che al personaggio principale, anche, come dicevo, per una questione di spazio. Quando io ho iniziato a lavorare per Nick Raider avevo intenzione di fare l'unica cosa che, a mio modo di vedere, avrebbe reso la serie più interessante: renderla più corale dando maggior spazio anche ai comprimari e caratterizzando maggiormente i personaggi. Ma mi sono accorto quasi subito che questo non era possibile. Nelle serie televisive tipo NYPD, HOMICIDE o anche l'Italiana LA SQUADRA le vicende private dei poliziotti hanno molto spesso lo stesso peso narrativo dei casi che essi devono risolvere, che, in ogni episodio, sono sempre almeno due. Poi ci sono le storie orizzontali dei personaggi che devono essere portate avanti in ogni numero… Tutte cose che si possono fare in televisione e nei romanzi (vedi, appunto Mc Bain). A fumetti no, per il semplice fatto che non è possibile, per ragioni pratiche, stabilire a priori l'ordine in cui usciranno le storie. Chiedetelo ad Antonio Serra. La storia di Nathan never intitolata L'ORBITA SPEZZATA, disegnata da Mario Atzori, doveva essere uno dei primissimi numeri della serie e invece è stato il numero 73, bloccando così una continuity che si sta concludendo solo oggi, cioè intorno al numero 150.
Leggendo questa tua risposta ho provato un forte dispiacere … mi sono sempre chiesto perché per NICK non si adottasse questo "format". Eppure Queirolo è anche il curatore di MAGICO VENTO, una testata che sembra avere una coerenza narrativa diametralmente opposta a quella di NICK. Come mai questo dualismo?
Perché Magico Vento non è un poliziesco. Il western e l'avventura, per loro natura hanno bisogno di meno spazio per raccontare una storia. E' tutto più semplice, non devi "imbrogliare" il lettore e puoi concentrarti di più sui personaggi.
Nella linea temporale di NATHAN NEVER sta per scatenarsi un evento cataclismatico: una terribile guerra tra stazioni planetarie e governo terrestre sconvolgerà il mondo dell'agente alfa. Ci puoi fornire qualche anticipazione?
No. L'unica cosa che posso dirvi è che sarà una rivoluzione epocale, che coinvolgerà anche Legs … E che, dopo, niente (e questa volta veramente) sarà come prima.
Cambierà anche il tipo di approccio alle tematiche? Ci saranno ancora i siparietti comici ed il clima di spensieratezza che da sempre le avventure di Legs ci fanno vivere?
Sì, ma molto meno. La nuova Legs sarà meno caciarona e demenziale … E anche le sue avventure saranno più "serie".
Quella dedicata a NATHAN NEVER è una testata molto dinamica, in continua evoluzione. I personaggi secondari spesso si alternano, conquistando di volta in volta un maggiore spessore. Gli scenari in cui la serie è ambientata si evolvono ed alcuni personaggi scompaiono, magari passano a miglior vita. Eppure la mia sensazione è che non sempre il grande pubblico gradisca tutti questi cambiamenti. Con la saga in arrivo, non temete di scontentare in qualche modo i lettori più tradizionalisti?
Anche a questa domanda rispondo di no. Quello che Stefano Vietti sta preparando lascerà tutti senza fiato e sono convinto che anche i lettori più tradizionalisti non potranno fare a meno di apprezzarlo. Sarà qualcosa di assolutamente unico nel panorama del fumetto popolare Italiano.
Permettimi di essere comunque un po' perplesso. Ho sentito lettori che hanno smesso di leggere Nathan Never perché giudicavano troppo radicale il cambiamento dell'ALFA Building (credimi, non scherzo), come fai ad essere così sicuro che anche la vecchia guardia gradirà questi cambiamenti?
Nathan Never, sta perdendo copie. Questo significa che, al di là di un calo fisiologico c'è qualcosa che non piace più ai nostri lettori. Piuttosto che andare lentamente a spegnerci, Antonio Serra ha deciso di fare un colpo di mano e vedere che cosa succede. Io sono convinto che non perderemo i lettori rimasti e che, forse, ne riprenderemo qualcuno di quelli vecchi. E' una speranza, lo so, ma che cosa dobbiamo fare?
Non credi che la diminuzione dei lettori possa derivare anche dal fatto che i personaggi Bonelliani oltre ad essere sempre troppo uguali a sé stessi siano un po' troppo longevi? Mi spiego un po' meglio. Non credi che, mentre un vecchio lettore possa stancarsi e mollare l'albo, un nuovo lettore possa avere timore di salire a bordo di un'ammiraglia che conta circa centocinquanta uscite regolari?
Sì. Secondo me il futuro, anche della Bonelli, è nelle mini-serie. Io penso che di solito un personaggio esaurisca tutte le cose che ha da dire al massimo dopo venti numeri… Dopo si può soltanto replicare, riciclando le stesse cose.
Pare che la Bonelli si stia, infatti, muovendo proprio in questa direzione. Nel prossimo futuro pare che saranno immesse sul mercato ben tre miniserie, si parla di progetti curati da Faraci, Ruju e dalla coppia Enoch - Vietti. Ci puoi rivelare qualcosa in proposito?
Non confermo dato che non c'è ancora stato un annuncio ufficiale da parte della casa Editrice ;-)
Passiamo, per un attimo nel campo della fantasticheria (ma magari neanche tanto!): se toccasse a te progettare una nuova serie per la Bonelli, su che genere letterario ti baseresti?
Se seguissi il cuore direi giallo: una bella serie poliziesca corale ambientata a New York, negli ultimi anni dell'ottocento, più o meno il periodo in cui sono ambientati i due romanzi di Calb Carr <L'Alienista> e <L'angelo delle tenebre>. I protagonisti sarebbero un gruppo di "sbirri" al comando di Thomas Byrnes, il poliziotto realmente esistito e fondatore del Detective Bureau, alle cui dipendenze lavorava anche Nick Carter. Una serie che fa propria la lezione di McBain spostandola in un periodo in cui le indagini poliziesche erano ancora qualcosa di piuttosto approssimativo. Se invece mi lasciassi consigliare dal cervello, proporrei una serie fantasy adulta, realistica e contaminata con altri generi apparentemente molto diversi.
Si tratterebbe in ogni caso di due progetti "difficili" … ho sentito dire che Sergio Bonelli non ami il Fantasy, comunque sarebbero entrambe molto interessanti. La prima, soprattutto, mi fa pensare a FROM HELL di Alan Moore. Lo hai letto?
Sì, l'ho letto in Inglese, con grande fatica. Comunque mi è piaciuto. Per quanto riguarda il fantasy è vero che Bonelli non lo ama. Però è anche vero che l'idea che ho in mente non è proprio fantasy fantasy …
Non è che potresti spiegarci un po' più nel dettaglio questo progetto?
Mm… Preferirei di no… Ho intenzione di proporlo in giro e non vorrei anticipare troppo…
Quante possibilità abbiamo di poter leggere una di queste due testate?
Pochissime, però non si sa mai…
Dal punto di vista organizzativo come si elabora un evento di tale portata? Mi spiego meglio: Nathan Never ha uno staff di sei o sette sceneggiatori, come vi coordinate tra voi e come prendete le decisioni fondamentali per l'evoluzione della sua saga?
Ci sono sempre delle riunioni, ovviamente, a cui partecipiamo tutti. Nel caso di questa nuova saga, al contrario, per esempio, che nelle avventure di Atlantide o nei numeri che hanno sancito il primo cambiamento dell'Agenzia Alfa, il lavoro è molto più semplice. La guerra terra-colonia e i successivi cambiamenti saranno gestiti quasi esclusivamente da Vietti, con un piccolo intermezzo Meddiano. Gli altri sceneggiatori, tra cui ci sono anch'io, dovranno semplicemente gestire il dopoguerra, sia su Nathan che su Legs.
Verrebbe, quindi, quasi da affermare che Stefano Vietti potrebbe essere, a questo punto, il quarto padre di Nathan Never, non credi?
In parte sì, anche se tutti i cambiamenti in programma sono stati comunque orchestrati da Antonio Serra. Più che un padre, quindi, direi che Stefano è il suo patrigno.
Avete accettato tutti di buon grado la rivoluzione cui sarà sottoposto il nathanneververso?
Assolutamente sì. E' un'ottima occasione anche per noi autori di svecchiare il personaggio immaginando nuove situazioni e personaggi.
Mi hai detto di aver cominciato come disegnatore, è stato difficile il passaggio dall'altra parte della barricata?
No, anche perché mi ritengo più bravo come sceneggiatore che come disegnatore. Ero un discreto illustratore e un buon vignettista, ma come disegnatore di fumetti, facevo piuttosto pena.
Si dice che nel nostro paese la sceneggiatura abbia un ruolo predominante sulle matite. In effetti anche alla Bonelli le testate sono il frutto del parto creativo di uno sceneggiatore o di un gruppo di autori. Tu che sei stato un disegnatore come ti rapporti con il disegnatore destinato ad illustrare una tua sceneggiatura?
Lascio al disegnatore la più ampia libertà. Molto raramente indico campi o piani, e mi limito a spiegargli che cosa voglio, la scelta dell'inquadratura la demando quasi sempre a lui e questo fa felice la maggior parte dei disegnatori.
Quando elabori una sceneggiatura già sai a quale disegnatore sarà destinata? In qualche modo cerchi di adattare il tuo stile narrativo, o la storia nella sua globalità, al disegnatore di turno?
Lo so sempre anche perché di solito comincio a scrivere una storia quando me lo affidano … E la taro su di lui. Per prima cosa lo chiamo e gli chiedo che cosa gli piacerebbe disegnare… E poi inizio. Se è un disegnatore bravo con l'azione inserirò più azione, se è un disegnatore "narrativo" mi affiderò di più a lui e così via… Se è Pier Gallo iniziamo a parlare e creiamo insieme il soggetto della storia…
Sei un appassionato di romanzi polizieschi, un tipo di narrativa generalmente serioso. Come ti comporti nell'affrontare le sceneggiature di personaggi "leggeri" come Legs o PK? Dove trovi spunto per le gag?
Nei cartoni animati di Tex Avery, di cui sono un grande estimatore. Io amo particolarmente il poliziesco, ma frequento e ho frequentato anche altri specifici, tra cui il fumetto comico e i romanzi di Wodehouse. <Tre uomini in barca> è uno di quei libri che, periodicamente rileggo: lo trovo una vera e autentica bibbia per tutti coloro che hanno a che fare con l'umorismo.
Credo che nell'Italia del 2003 si avverta con forza la mancanza di un settimanale graffiante e caustico come CUORE. Da ex-collaboratore, come hai vissuto la sua agonia e scomparsa?
Male. E non perché mi sia venuta a mancare improvvisamente una fonte di reddito, ma perché scompariva uno dei pochi giornali di opposizione vera. Io sono una persona molto schierata politicamente e, visto il momento politico che stiamo vivendo, mi piacerebbe molto riprendere a fare vignette di satira politica. Ma dove? Ormai non ci sono più spazi e, a parte pochissimi fortunati, anche tutti coloro che lavoravano su Cuore hanno finito per fare altri lavori…
Stiamo attraversando tempi duri, non c'è che dire. Eppure nel mondo esiste ancora una zona franca in cui ci si potrebbe ricavare uno spazio per fare satira e controinformazione … parlo di Internet. Hai mai pensato al web come ad un luogo in cui far sfociare la tua voglia di fare satira?
Sinceramente no. Sono troppo pigro. Sono anni che voglio creare un mio sito e ancora non l'ho fatto … Forse un giorno.
Che tipo di rapporto hai con Internet?
Ottimo, Navigo da circa 8 anni e mi piace sempre molto. Principalmente per trovare informazioni su qualunque argomento e per ordinare quintali di libri e cd su AMAZON. COM…
Sei, per tua ammissione, una persona politicamente molto schierata. Lavori per un mezzo di intrattenimento popolare che raggiunge ogni mese almeno centomila lettori, ti è venuta mai voglia di utilizzare i personaggi per esprimere le tue opinioni politiche, facendo ricorso a metafore e semplificazioni, riguardo qualche avvenimento di cronaca che è avvenuto nel mondo reale?
Ma l'ho fatto e anche molto spesso. L'ultima volta, per esempio, è stato nello speciale numero 12 di Nathan Never, SESTO POTERE scritto insieme ad Alberto Ostini.
Gran bella storia. Me ne ero dimenticato … un duro atto di accusa contro le multinazionali. Eppure, mi chiedo, parlando delle tue idee, facendo in qualche modo politica, non temi di poterti inimicare quella fascia di lettori che la pensano diversamente da te oppure che cercano solo semplice e puro svago?
Ma io offro loro principalmente svago. Se ogni tanto c'è qualche elemento di riflessione che non soverchia la storia e che rimane sottotraccia, che male c'è? Tiziano Sclavi, su Dylan Dog ha espresso per anni le sue opinioni politiche e questo non gli ha certo fatto perdere lettori, al contrario.
Per chi scrivi le tue storie? Per te stesso o per il pubblico cui esse sono destinate?
Principalmente per il pubblico. Se le scrivessi per me nessuno me le pagherebbe ;-) scherzi a parte, forse sta anche in questo la differenza tra un artista e un artigiano.
Stefano, sei stato davvero disponibilissimo e ti ringrazio di cuore. Credo che possiamo considerare conclusa questa nostra chiacchierata, vuoi aggiungere qualcosa?
Direi di no. Grazie a te.
La redazione di AmazingComics.it ringrazia Stefano Piani per l'incredibile gentilezza e disponibilità che ha dimostrato nei nostri confronti
(7/11/2003)
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