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Il ritorno di Green Arrow di Matteo Losso
Dopo la magistrale prova offerta sulle pagine del “Daredevil” targato “Marvel Knights”, c’era molta attesa per il ritorno di Kevin Smith alla sceneggiatura di un comicbook. Il geniale regista di “Clerks”, infatti, ha stupito un po' tutti col magnifico ciclo “Guardian Devil” e con le sue ottime versione di Matt Murdock, del suo alter-ego e del variegato cast dei comprimari e delle comparse della serie. Veder arrivare sugli scaffali delle librerie italiane il primo volume con la sua gestione di “Green Arrow” per la DC, a soli 10 mesi di distanza dall’edizione USA, quindi, avrà sicuramente incuriosito la grande maggioranza dei lettori italiani di comics. Il disegnatore della serie, Phil Hester, di certo non è Joe Quesada ed il trade paperback italiano della Play Press costa ben 10.5 € e contiene “solo” cinque storie (più di 2 € a storia... quasi come negli States...), ma posso assicurarvi che l’artist è perfetto per l’operazione e che, in definitiva, si tratta di soldi ben spesi... Nel suo arco di storie, Smith prende in mano Green Arrow, una delle icone DC Comics, riportando in scena il Freccia Verde originale, Oliver Queen, ritenuto morto anni orsono durante una delle tante “crisi” dell’universo DC. Ancora non è ben chiaro, nè a noi lettori, nè ai vari personaggi, come e perchè Queen sia riuscito a tornare. Anzi qualcuno dei suoi compagni, Batman in testa, è dell’opinione che potrebbe anche non trattarsi realmente di Oliver Queen, sebbene egli ne sia fermamente convinto, pur non ricordando assolutamente nulla degli ultimi 10 anni della sua “vita/morte”... Per la precisione, il vecchio Freccia Verde non sa neppure che sono passati dieci anni e, perciò, si stupisce vedendo la base lunare della JLA, ma anche l’uso quotidiano dei telefoni cellulari! Insomma, un vero “anacronismo vivente”, che si trova catapultato in un mondo che non conosce e non capisce, richiamando ed estremizzando alcuni dei concetti a cui saranno già abituati i lettori di Capitan America. E l’Oliver Queen di Kevin Smith, con le sue contraddizioni ed il suo essere “rivoluzionario” ed idealista, non può che essere ancor più disorientato da un mondo in cui l’unica via è divenuta il capitalismo sfrenato ed in cui persino Aquaman, compagno di tante battaglie nella fila della Justice League, starebbe per uccidere a sangue freddo un villain, se non ci pensasse una provvidenziale freccia scoccata dal verde arciere a fermarlo. Tra misteri, dialoghi coinvolgenti, sottotrame inquietanti, personaggi credibili e scene forti ed esplicite (ma questi albi non sono usciti col marchio del famigerato CCA? Come diamine hanno fatto?!?!), Smith realizza un nuovo gioiello e di certo non delude chi ha amato il suo Devil. Già
all’inizio
ho
anticipato
come
Phil Hester,
il
disegnatore
della
serie,
di
certo
non
sia
Quesada
e
nè
la
sua
costruzione
della
tavola
nè
il
suo
tratto
possono
essere
assolutamente
paragonati
a
quelli
del
boss Marvel.
Ma
se
mettiamo
da
parte
il
parallelismo
“Daredevil/Green
Arrow”,
ingiusto
ed
ingrato
dei
confronti
dell’artist DC,
ci
accorgiamo
immediatamente
che
Hester
è
un
buon
disegnatore,
affidabile,
chiaro
e
preciso.
Ci
troviamo
di
fronte
ad
un
ottimo
narratore
per
immagini,
che
di
certo
non
ci
farà
perdere
nulla
delle
storie
ideate
da
Smith
e
non
si
azzarderà
a
modificare
le
sue
sceneggiature
per
soddisfare
qualche
“vezzo
d’autore”,
atteggiamento
tipico
delle
stelle
di
prima
grandezza
dell’industra
dei comics.
Ed
il
fatto
che
sia
supportato
alle
chine
da
Ande
Parks
è
una
garanzia
di
qualità,
nel
segno
della
continuità
e
dello
stile
“classico”
dei
comicbook
supereroistici DC.
Senza
dimenticare
le
cover
stupefacenti (ooops,
forse
meglio
non
usare
questo
termine
parlando
di
Oliver Queen...
il
CCA
è
ancora
in
agguato!)
di
Matt
Wagner. Ottima
anche
l’edizione
italiana
realizzata
dalla
Play
Press.
La
rilegatura
e
stampa
sono
impeccabili
(ma
forse
non
sono
obiettivo:
ricordo
ancora
con
orrore
i
vecchi
Play
Book...),
la
grafica
e
l’edizione
generale
realizzata
da
Walter
Venturi
e
dalla
sua
Down
Comics
sono
perfette
ed
è
molto
buono
e
soddisfacente
anche
l’apparato
redazionale,
composto
da
una
prefazione
ad
opera
dello
stesso
Kevin
Smith
(tratta
dal
volume
originale)
e
dalla
puntuale
“Piccola
cronistoria
di
un
lungo
ritardo”
realizzata
da
Marco
Cedric
Farinelli.
Unica
nota
stonata,
la
pubblicazione
delle
quattro
cover
interne
nella
sola
pagina
“Cover
gallery”,
in
formato
ridotto
e
penalizzante.
La
perfetta
sinergia
fra
autore,
disegnatore
ed
editore,
comunque,
rende
questo
volume
uno
dei
“must”
nel
circuito
dei
comics-shop
per
tutti
gli
amanti
di
fumetto
made
in
USA,
nella
speranza
che
il
secondo
volume
esca
prima
possibile... (18/02/2002)
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