Dylan Dog #186: "L'uomo nero"

di Daniele D’Aquino

 

(c) Sergio Bonelli EditoreChi di noi da piccolo non ha avuto paura dell’Uomo Nero, il babau che nel buio della cameretta usciva da sotto il letto a terrorizzare le nostre notti?

Luigi Mignacco, forse per esorcizzare i suoi incubi infantili, ha costruito attorno a questo spauracchio una trama poliziesca in cui Dylan indaga su un orrore molto più reale di quelli a cui ci ha abituato, il sequestro di un bambino.

La trama è piacevole anche se un po’ troppo lineare; ben definiti Sheila e Timothy (e la sua visione del mondo), invece gli altri personaggi (genitori, malviventi…) appaiono un po’ piatti.

Discorso a parte merita la sceneggiatura, inficiata dal deus ex machina del sogno rivelatore che svela a Dylan l’identità della rapitrice: è un trucco disonesto per sbrogliare l’impasse narrativa e purtroppo viene utilizzato piuttosto spesso.

Certo, per gli sceneggiatori è una pacchia, ma lo trovo scorretto verso il lettore, che si aspetta una risoluzione logica dell’intreccio, a maggior ragione in una trama gialla come questa.

A parziale discolpa di Mignacco c’è da dire che lui usa questo accorgimento poco dopo la metà dell’albo, mentre in passato (tra i tanti casi ricordo ad esempio il chiaverottiano “La rivolta delle macchine”) è stato sfruttato verso la fine.

Chi è questo nuovo disegnatore? Mi sono chiesto sfogliando le pagine senza aver letto prima i credits.

Davvero difficile infatti riconoscere il tratto di Pietro Dall’Agnol dopo l’ennesima evoluzione stilistica dovuta soprattutto alla sua esperienza su Julia e all’uniformità grafica voluta da Berardi.

A molti anni di distanza dal suo ultimo Dylan Dog, l’autore di numeri storici come “Il buio” e “Goblin”, torna con un segno stravolto, in cui le influenze manariane degli esordi sono del tutto scomparse.

Cambia il modo di inchiostrare, i disegni ora sono più sintetici, ma rimangono efficaci ed espressivi come in passato.

Certo il “vecchio” Dall’Agnol era tutta un’altra cosa, ma anche questo suo nuovo stile non dispiace affatto.

(18/03/2002)

 

   

 

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