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Almanacchi bonelliani (del giorno dopo) di Daniele D’Aquino
Il capostipite è stato Martin Mystère con il suo Almanacco del Mistero, seguito dall’Almanacco della Paura, della Fantascienza, del Giallo, dell’Avventura, del West, volumi annuali patinati che ai fumetti uniscono dossier, monografie, recensioni. Sulle
rubriche
nulla
da
eccepire,
sono
sempre
ben
curate,
nonostante
il
poco
spazio
disponibile
non
favorisca
gli
approfondimenti. Il
vero
problema
sono
i
fumetti,
che,
tranne
poche
eccezioni,
si
attestano
su
una
preoccupante
mediocrità.
Sembra
che
gli
Almanacchi
siano
divenuti
ormai
il
deposito
di
storie
troppo
deboli
per
apparire
nelle
serie
regolari,
quasi
che
gli
articoli
possano
compensare
la
qualità
non
eccelsa
di
sceneggiature
e
disegni. Prendete
ad
esempio
l’ultimo
Almanacco
della
Paura;
nonostante
ci
sia
Wood
alla
macchina
da
scrivere,
il
risultato
è
una
trama
scombiccherata,
resa
graficamente
da
un
Piccatto
sotto
tono,
molto
più
a
suo
agio
su
Magico
Vento
(saranno
le
chine
di
Spadavecchia
a
giovargli?). E
che
dire
degli
Almanacchi
della
Fantascienza,
che
da
anni
ci
propongono
storie
scialbe
e
mal
disegnate? Ritengo che € 4.39 siano troppi per qualche redazionale e un centinaio di tavole che non rimarranno certo negli annali del fumetto! Un
aumento
del
livello
qualitativo
è
doveroso.
Inoltre,
perché
non
differenziare
le
storie
all’interno
dell’Almanacco
da
quelle
della
serie
regolare? Un'idea
può
essere
quella
di
ricorrere
a
disegnatori
che
non
si
sono
mai
cimentati
nel
personaggio,
come
succede
nel Texone.
Oppure
presentare
storie
brevi,
che
altrimenti
non
potrebbero
trovare
una
collocazione,
soprattutto
ora
che
sono
stati
soppressi
gli
albetti
degli
Speciali
e,
nel
caso
di
Dylan
Dog,
l’Albo
Gigante
è
stato
trasformato
in
un’unica
lunghissima
avventura. Ricordate “La cantina”, “C’era una volta…”, “Margherite”, “Il vicino di casa”, “L’incubo dell’indagatore”? Piccoli capolavori che nell’attuale impostazione editoriale non avrebbero spazio. Infine
un’ultima
considerazione:
gli
Almanacchi
sono
tra
gli
albi
più
comprati
dai
lettori
saltuari;
non
credo
sia
una
buona
forma
di
pubblicità
presentare
loro
storie
mediocri
che
non
li
invogliano
certo
all’acquisto
di
altri
numeri. (15/04/2002)
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