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La chiusura di Gregory Hunter

di Daniele D'Aquino 

 

(c) Sergio Bonelli EditoreGregory Hunter non ce l’ha fatta. Già da tempo si vociferava di una chiusura della serie dovuta alle basse vendite e così dopo appena un anno e mezzo di vita il Ranger dello Spazio si congeda dai suoi lettori, con un malloppone di 340 pagine contenenti due storie scritte e disegnate da Gigi Simeoni.

La conclusione vera e propria della saga c’è stata però nell’ultimo numero della serie regolare, il 17 (ha portato bene, non c’è che dire…), con tanto di saluto finale da parte di tutti gli autori trasformati in personaggi a fumetti.

Devo ammettere di aver comprato solo i primi numeri di Gregory Hunter, che non avendomi appassionato granché, sono stati un forte deterrente per l’acquisto dei successivi. Si vedeva già da subito che qualcosa non andava. Il progetto di Serra di creare un Tex del futuro e di far tornare in auge la fantascienza Anni Sessanta era piuttosto ambizioso. E’ dura leggere in un fumetto uscito nel 2001 una didascalia che descrive ciò che sta accadendo nella vignetta sottostante…va bene “l’operazione retrò”, ma qui si esagera!

E poi la caratterizzazione del protagonista e dei comprimari che lasciava qualche perplessità, il tormentone (insopportabile) degli screzi tra Gregory e Badger, i dialoghi spesso ridicoli e ampollosi, non volgevano certo a favore della testata.

L’anacronistico tentativo di Serra di riproporre un eroe classico era destinato al fallimento. Peccato però, perché non tutto era da buttare, anzi. Idee buone ce n’erano, la serie aveva molte potenzialità, il parco disegnatori era all’altezza…se solo Serra avesse corretto un po’ il tiro, cambiato in corsa qualcosa.

Invece no. E proprio qui sta il punto. Più che di limiti di Gregory Hunter parlerei dei limiti di Serra, che vistosi libero di pubblicare quel personaggio giacente nel cassetto da vent’anni, si è lasciato prendere dalla megalomania, trasformando la sua creatura in un giocattolone dove far confluire tutto il suo background letterario-fumettistico.

Paradossalmente il suo personaggio si muove meglio in altre mani.

Lo dimostra questo ultimo albo in cui Sime, lungi dallo sfornare un capolavoro, riesce però a smussare i difetti della serie, realizzando due divertenti avventure. L’ex hammeriano non è nuovo ad esperienze di autore completo ed emulando Ambrosini ed Enoch, qui firma soggetto, sceneggiatura, disegni e copertina. E fa tutto bene.

Le storie sono ben congegnate, le gag riuscite e il suo tratto versatile coniuga perfettamente ironia ed azione.

Chissà, forse se anche le altre storie avessero avuto lo stesso livello qualitativo, la serie non avrebbe avuto un simile epilogo…

Rimane una speranza: che questo canto del cigno, supportato da buone vendite, faccia cambiare idea ai vertici della Bonelli, consentendo la sopravvivenza di Gregory Hunter magari proprio sotto forma di Maxi, un volume con cadenza annuale contenente 2-3 storie autoconclusive slegate dalla continuity. Staremo a vedere.

(6/11/2002)

 

   

 

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