Brendon #28: "Amore e tenebre"

di Daniele D'Aquino 

 

Brendon (c) Sergio Bonelli EditoreCirca un anno fa ho recensito il numero 22 di Brendon e il giudizio complessivo non è stato dei migliori. Quella storia mi aveva deluso e la serie non mi convinceva.
Ma tutti hanno diritto a una prova d'appello, così ora ho tra le mani il ventottesimo albo, intitolato "Amore e tenebre".
Anticipo subito che la mia opinione generale sulla testata non è variata di molto: "Brendon" ha delle buone potenzialità, nonostante il protagonista non possegga lo stesso carisma di altri eroi bonelliani. Chiaverotti però sembra scrivere sempre un gradino al di sotto delle sue potenzialità, quasi a voler assecondare un certo target anagrafico.
Ma passiamo alla storia di questo bimestre.
La trama è piuttosto esile: il nostro cavaliere di ventura viene assunto da Julienne, una donna che fugge dal marito folle e ossessionato dall'amore per lei. Il comportamento dell'uomo, secondo il resoconto della moglie, è originato dal maleficio di una strega bellissima, arrivata all'improvviso a turbare la loro serenità familiare.
Brendon, che non si tira mai indietro di fronte ad una richiesta femminile, accetta di proteggerla e dopo inseguimenti e scontri vari, uccide l'aspirante uxoricida.
Tutto finito? E vissero felici e contenti? No, perché Brendon, prendendo in prestito dal collega Dylan il quinto senso e mezzo, ponza per un paio di pagine (89 e 90) durante un siparietto di Christopher (il suo ruolo è troppo simile a quello di Groucho!) e riesce a capire che Julienne gli aveva mentito.
Come ha fatto a dedurlo? Perché non l'ha capito prima? Questo espediente poco onesto, narrativamente parlando, va ad inficiare un po' la sceneggiatura, che scorre bene nella prima parte, mentre nella seconda risulta diluita in un susseguirsi di azioni lineari che servono solo a raggiungere le canoniche 94 pagine.
Sia chiaro, non è una storia brutta, però un personaggio interessante come quello di Julienne, poteva essere sfruttato meglio.
Ad innalzare la qualità dell'albo, ci pensano i disegni di Lola Airaghi, al suo esordio su Brendon dopo buone prove su Legs Weaver.
Il suo segno è gradevole, accurato nella realizzazione degli interni e delle architetture. Convincenti i numerosi primi piani, in cui si apprezza un'ottima caratterizzazione grafica dei personaggi: Brendon è efebico e tenebroso al punto giusto, Julienne dolce, bella e volitiva, Lark sanguinario e psicopatico.
Degna di nota la costruzione della tavola che va a rompere la rigidità della gabbia bonelliana; infatti la Airaghi predilige spesso la sovrapposizione di due vignette corte ed orizzontali, a larghezza pagina, rispetto ai normali due quadratini sulla stessa striscia, dando più dinamicità alla tavola e adattandola all'azione.
Frequente anche l'accoppiata "3 vignette su una striscia + vignetta orizzontale corta", al posto di una consueta griglia 2x2.
Qualche considerazione finale va fatta sulla copertina di Roi, decisamente mediocre. Il soggetto dell'immagine è insensato e inoltre avrebbe meritato più visibilità Julienne, vera protagonista della storia, che invece è di spalle (e con i capelli biondi, mentre nell'albo è mora…).
Anche la realizzazione tecnica lascia parecchio a desiderare: date un'occhiata all'orecchio di Brendon e alla mano di Lark che impugna il coltello.
Questa non è la prima cover deludente di Roi e penso sia la conferma che non sempre un grande disegnatore è anche un bravo copertinista.

(7/1/2003)

 

   

 

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