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Dampyr #35: "I cacciatori di fantasmi" di Daniele D'Aquino
La casa infestata è uno dei topoi del genere horror e fantastico più usato in letteratura e cinematografia. Quasi
impossibile quindi realizzare nel 2003 una storia di spettri con
l’ambizione di originalità e non penso fosse questo infatti
l’obiettivo di Boselli quando ha scritto “I cacciatori di
fantasmi”, dove Harlan viene reclutato da un gruppo di ghost hunters
per una spedizione nella magione di Haversham Priory, sede di fenomeni
paranormali. L’albo è ricco di citazioni classiche e dejà vu (poltergeist, la maledizione del dipinto…), eppure mantiene una peculiarità che sembra essere ormai il marchio di fabbrica delle avventure dampyriane: i temi trattati vengono sempre affrontati con un rigore quasi scientifico. Così anche in questo caso Boselli (che tra l’altro è appassionato di fantasmi) ha alle spalle una solida documentazione e riesce ad architettare un intreccio avvincente e godibile senza cadere nel didascalico o nel ridicolo. Non
era facile. Peccato però per il finale troppo confusionario e sbrigativo,
unico vero neo di questo numero. Tutto il resto funziona alla grande, dal
ritmo ai personaggi, interessanti e ben caratterizzati. Ciò
che comunque colpisce di più dell’albo è la prova di Majo,
secondo me la migliore della sua militanza dampyriana. Le
tavole sono strabilianti. Dopo aver finito di leggere la storia, ho di
nuovo sfogliato a lungo le pagine, ammirando il lavoro certosino
dell’artista bresciano, merito anche della sceneggiatura su misura che
Boselli gli ha cucito addosso. La
cosa che salta subito agli occhi è la cura maniacale per le
ambientazioni. Il pennino magico di Majo raffigura le architetture nel
minimo dettaglio e il fitto tratteggio crea ombreggiature incredibilmente
suggestive e realistiche. Alcune inquadrature esterne ed interne della
casa lasciano sbalorditi per la loro ricchezza grafica. Majo
disegna ogni particolare, indugia negli arabeschi dei tappeti e dei
soffitti, nei fregi ornamentali di cornici e mobilia. Nessun dettaglio
viene trascurato o mascherato da un nero di campitura. Da applausi. Ma
la sua bravura non si limita alle location e si estende anche
all’espressività dei personaggi. Majo gestisce al meglio la recitazione
e la mimica dei ghost hunters, catturando smorfie, sguardi, posture,
riuscendo sempre a trasmettere al lettore le loro emozioni. A
voler cercare il pelo nell’uovo, paradossalmente Majo si dimostra più
debole nella caratterizzazione di Harlan, a volte quasi caricaturale e
distante dai canoni della serie. Comunque ciò non intacca la sua superba
prestazione. Due
parole infine sulla cover. Nelle passate recensioni ho espresso le mie
riserve su Riboldi soprattutto per la mancanza di incisività delle
copertine e per l’inespressività di Harlan. Questo mese le cose vanno
un po’ meglio: belli il soggetto e la scelta cromatica, anche se
l’atteggiamento troppo contenuto di Harlan non convince appieno. (26/2/2003)
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