Dylan Dog #200

di Daniele D'Aquino

 

Ogni numero con il doppio zero è un evento e lo è ancora di più se a festeggiare il traguardo c’è un fenomeno di massa come Dylan Dog.

L’attesa intorno a questo albo era quindi tanta e sicuramente qualcuno sarà rimasto scontento, allo stesso modo di quanto accadde con il metafisico e discusso numero 100.

Penso che albi simili siano un incubo per gli sceneggiatori, che in 94 pagine devono scrivere qualcosa di memorabile, all’altezza delle immense aspettative dei lettori. Mettiamoci nei panni della povera Paola Barbato: aveva a disposizione alcuni elementi sparsi e su quelli doveva costruirci una storia. La storia.

Compito improbo, ma nonostante alcune forzature il risultato finale mi sembra convincente. Non è certo tra i migliori episodi di DD ma svolge egregiamente il suo dovere, cioè svelare una parte del passato del nostro eroe.

E’ una breve summa dylaniata, tragica e ironica, sceneggiata con maestria. Accontentiamoci. 

La storia si colloca cronologicamente tra il #121 “Finché morte non vi separi” e il mitico #1, cioè tra la morte di Lillie e la comparsa di Sybil.

La Barbato ci mostra come Dylan iniziò a bere e riuscì a smettere, il suo rapporto con Bloch, l’auto-assunzione di Groucho, l’inizio della carriera da Indagatore dell’Incubo. E poi l’acquisto del galeone (cameo di Xabaras e Hamlin), del maggiolino e della dozzina di giacche-camicie-jeans tutti uguali, il trasloco in Craven Road 7, il primo urlo del campanello.

Viene quindi rivelata l’origine di tutti quei particolari che hanno contribuito alla nascita del personaggio. A qualcuno potrà non fregargliene nulla, ma qui si scende nel de gustibus.

Io credo che vada fatto un elogio alla Barbato, brava nel ricomporre il puzzle concepito da Sclavi tanti anni fa, aggiungendo qua e là pezzi nuovi di zecca (soprattutto la triste vicenda di Virgil, il figlio di Bloch)

Comunque, chi si attendeva di più dai testi, non può invece rimanere deluso dalla straordinaria prova di Bruno Brindisi.

Il suo tratto realistico e pulito raggiunge vette di espressività mai toccate prima. A valorizzare ulteriormente i disegni, c’è una delle migliori colorazioni viste su un bonelliano: accurata, mai piatta, con una precisa separazione cromatica.

Da segnalare due omaggi di Brindisi. Il primo è ad Andrea Pazienza e al suo Zanardi, che rivive nelle fattezze di Virgil. L’altro è ad alcuni disegnatori storici di Dylan (Casertano, Ambrosini, Roi, Piccatto, Venturi, Trigo e Stano), di cui l’autore salernitano imita lo stile nell’ultima tavola.

Una curiosità: la copertina passerà agli annali per essere la prima in cui appaiono anche Bloch e Groucho. Due parole infine su Sclavi (inchino), che nell’introduzione si augura di tornare presto a scrivere. Ce lo auguriamo tanto anche noi.
Intanto in questo albo ha suggerito tutte le battute di Groucho…è un buon inizio, no?

 

(8/5/2003)

 

   

 

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