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Il ventennale di Dylan Dog di Daniele D'Aquino
Avevamo davvero bisogno di questa storia doppia? Sentivamo la necessità di conoscere il passato di Dylan, di sapere che all'età di tre anni è giunto nei nostri tempi direttamente dal millesettecento attraverso un varco temporale (generato da Cagliostro? Per quale motivo?) ed è stato poi adottato, trascorrendo una parte dell’infanzia nel paesino scozzese di Crossgate.? Provavamo l’esigenza di assistere alle riunioni di creature soprannaturali ambientate in variopinte dimensioni trascendenti? Volevamo veramente che gli albi per i festeggiamenti del ventennale contenessero una serie di incongruenze in quel minimo di continuity della serie? Volevamo vedere Dylan rinnegare la propria vita e schierarsi dalla parte di Xabaras, (“Non lasciarmi solo! Papà, ti prego! Ti voglio bene anche io!”), nonostante questi sia un folle assassino, un mad doctor mefistofelico che trecento anni prima lo aveva abbandonato in un orfanotrofio? No. Personalmente no. La forza di Dylan Dog non sta nella continuity, non è nel suo passato, anzi. Dylan Dog è metafumetto: ogni mese, facendo affidamento sulla sospensione d’incredulità del lettore, viene fatta tabula rasa di ciò che era successo nel mese precedente. E infatti, nonostante ci avessero annunciato una rivoluzione, anche dopo questa doppia avventura non ci sarà nessun cambiamento. Già dai prossimi numeri Dylan ritornerà a flirtare con le sue clienti, a suonare il Trillo del Diavolo al clarinetto e a ritrovarsi seduto nel pub insieme a Bloch come se nulla fosse successo. L’unico lascito di questa doppia storia sarà forse Cagliostro, che, se utilizzato, apparirà più per ricordarci dell’avvenuta “rivoluzione” che per funzionalità narrative. Ma 188 tavole per regalare a Dylan un animale domestico, sia pur particolare, mi sembrano davvero eccessive. Si salvano soltanto gli ottimi disegni di Bruno Brindisi, valorizzati dai colori di Nardo Conforti (finalmente in Bonelli hanno scoperto Photoshop!). Sia chiaro, la colpa non è totalmente della Barbato (comunque responsabile di molte scelte discutibili), perchè, come successo con il numero 200, la povera sceneggiatrice si è ritrovata a cercare di delineare il passato del personaggio sulla base di indizi disseminati qua e là, incappando inevitabilmente in contraddizioni e discrepanze. Il problema è a monte e risiede nel fatto che Sclavi, come ha più volte ribadito nelle interviste, ha creato Dylan Dog con l’intenzione di non rivelare il suo passato. (“Secondo me nei fumetti padri e madri, come nella realtà, rompono. Io avrei voluto un Dylan dal passato assolutamente sgombro e misterioso”, da Scuola di Fumetto di Agosto). La pressione dei lettori poi l’ha spinto a cercare di colmare quel vuoto, realizzando così il controverso numero 100. Mi auspico che i prossimi albi “speciali” (a partire dal 250, a colori, realizzato da Sclavi & Brindisi), lo siano per la qualità delle storie e non per la ricostruzione posticcia del passato di un personaggio nato senza passato.
Dylan Dog #241: “Xabaras!”, 98 pp. a colori, brossurato, € 2.50, set. 2006, Sergio Bonelli Editore Dylan Dog #242: “In nome del padre”, 98 pp. a colori, brossurato, € 2.50, ott. 2006, Sergio Bonelli Editore
Dylan Dog ™ & © Sergio Bonelli Editore
(3/12/2006)
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