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Il crollo di un mito: Dylan Dog di
Fabio
Volino
Vi
era
un
tempo,
non
troppi
anni
fa,
in
cui
Dylan
Dog
costituiva
il
fulcro
del
fumetto
italiano,
l'
albo
più
innovativo
ed
originale
del
parco
testate
Bonelli.
Un
tempo
in
cui
la
lettura
di
questo
albo
per
me
era
tra
i
momenti
più
piacevoli
ed
attesi
della
giornata. Già,
Dylan
Dog,
personaggio
nato
quasi
per
caso
nel
settembre
1986
da
una
idea
riciclata
di
Tiziano
Sclavi
(che
voleva
che
il
suo
investigatore
fosse
l'
italiano
Francesco
Dellamorte)
e
subito
tramutatasi
in
un
pieno
successo.
Perchè?
Perchè
Dylan
Dog
rompeva
tutti
quelli
che
erano
gli
schemi
finora
visti
sugli
albi
Bonelli,
proponeva
storie
che
avevano
finalmente
il
coraggio
di
osare
qualcosa
in
più
del
consueto
e
dava
vita
ad
un
personaggio
davvero
a
tutto
tondo,
uno
dei
più
complessi
ed
affascinanti
che
si
fossero
mai
visti.
Un
personaggio
reale,
davvero
vissuto,
che
cercava
nelle
donne
il
volto
perfetto,
quello
di
sua
madre,
la
donna
al
centro
del
suo
cuore.
Un
albo
che
divenne,
e
giustamente,
il
salvatore
della
patria
fumettistica,
in
quegli
anni
appiattitasi
su
livelli
molto
bassi,
non
solo
di
vendite.
Perchè
l'
unica
maniera
per
far
comprare
un
fumetto
è
proporre
una
bella
storia,
basta
solo
questo,
poi
bisogna
solo
affidarsi
ad
un
mezzo
infallibile:
il
passaparola.
E
Dylan
Dog
di
storie
belle
nei
suoi
primi
anni
di
vita
ne
ha
proposte
molte.
Sfido
chiunque
a
rileggersi
i
primi
52
albi,
speciali
compresi,
e
dire
quante
storie
brutte
vi
ha
trovato,
credo
si
contino
sulle
dita
di
una
mano.
Storie
in
cui
abbiamo
visto
Dylan
affrontare
Xabaras
più
a
livello
onirico
che
fisico,
in
cui
lo
abbiamo
visto
dichiarare
il
suo
amore
ad
una
sola
donna,
Bree
Daniels,
una
prostituta,
in
cui
abbiamo
fatto
la
conoscenza
di
una
Londra
nebbiosa
e
misteriosa
come
mai
l'
avevamo
vista,
una
città
nella
quale
potevamo
ritrovare
tutte
quelle
che
erano
le
nostre
angoscie,
le
nostre
idiosincrasie.
In
cui
in
pratica
era
riflesso
lo
specchio
della
nostra
anima. A
Sclavi,
che
sceneggiò
gran
parte
di
questi
albi,
si
aggiunse
dopo
qualche
tempo
Claudio
Chiaverotti
che,
pur
non
raggiungendo
mai
le
vette
del
suo
mentore,
riuscì
spesso
a
donarci
storie
intense
ed
appassionanti
come
"Goblin",
una
delle
mie
preferite.
In
generale
l'
albo
si
mantenne
su
buoni
livelli
per
qualche
anno
ancora,
sfornando
altri
capolavori,
fino
al nr.
88,
all'
albo
"Oltre
la
Morte",
che
per
me
rappresenta
la
fine
di
un'
era.
Con
quest'
albo
il
vecchio
Dylan
Dog,
quello
a
cui
eravamo
più
affezionati,
scompare,
disperso
nella
Zona
del
Crepuscolo
o
chissà
dove,
e
lascia
il
posto
ad
un
altro,
un
Dylan
Dog
che
sembra
il
clone
di
sè
stesso. Non
è
forse
un
caso
che
proprio
in
quel
periodo
Sclavi
inizi
a
diradare
la
sua
collaborazione
alla
testata,
prendendosi
spesso
lunghe
pause
e
facendo
solo
sporadiche
apparizioni.
L'
albo
viene
allora
lasciato
ai
suoi
epigoni
Chiaverotti
e
Mignacco,
ma
quello
che
ne
esce
non
è
minimamente
all'
altezza
della
situazione,
addirittura
i
due
albi
che
precedono
il
nr.
100
sono
tra
i
più
brutti
che
io
abbia
mai
letto!
E
poi
il
100,
già,
con
l'
atteso
ritorno
di
Sclavi
e
la
rivelazione
del
passato
di
Dylan.
Sono
forse
l'
unico
ad
esserne
alla
fin
fine
rimasto
deluso?
Una
storia
che
avrebbe
dovuto
risolvere
la
questione
Xabaras/Dylan,
ma
che
poi
si
risolve
in
una
megasparatoria
con
finale
scialbo
e
piatto.
Insomma,
Dylan
Dog
ci
aveva
sempre
stupito
con
trovate
straordinarie,
a
non
dare
mai
per
scontato
ciò
che
veniva
fatto
passare
per
"realtà":
quanti
perciò
avevano
creduto
al
fatto
che
Xabaras
fosse
davvero
il
padre
di
Dylan,
clichè
trito
e
ritrito?
E
invece
è
stato
proprio
così!
Con
quest'
albo
è
stato
come
se
Dylan
Dog
avesse
perso
per
sempre
la
sua
carica
"eversiva"
di
un
tempo,
la
sua
capacità
o
voglia
di
osare. E
gli
albi
seguenti
non
hanno
fatto
che
confermare
questa
impressione.
Un
tempo,
leggendo
la
lista
arretrati,
associavo
ogni
titolo
a
sensazioni
diverse,
ricordando
con
piacere
la
storia
e
i
suoi
personaggi.
Oggi,
se
provo
a
leggere
i
titoli
degli
albi
susseguenti
al
100,
davvero
pochi
suscitano
in
me
questa
sensazione.
Intendiamoci,
non
tutti
sono
da
buttare,
ogni
tanto
l'
albo
bello
esce
(ad
es.
"Finchè
Morte
non
ci
separi"),
ma
sono
appunto
casi
sporadici.
Addirittura
si
arriva
al
punto
di
concedere
un
bis
ad
un
albo
capolavoro,
come
nel
caso
di
"Johnny
Freak",
con
risultati
che
è
meglio
non
commentare
(avevano
pensato
di
farlo
anche
in
merito
a
"Il
Lungo
Addio",
ma
per
fortuna
pare
abbiano
desistito). Le
pause
di
Sclavi
si
fanno
sempre
più
lunghe
(e
le
rare
volte
che
torna
si
sente
che
manca
qualcosa
al
suo
tocco
da
maestro),
Chiaverotti
non
c'è
più,
poichè
volto
a
curare
"Brendon",
uno
dei
più
orridi
albi
Bonelli
mai
letti,
soprattutto
a
livello
di
testi
(l'ho
segato
dopo
due
numeri,
ho
fatto
male?).
E
dunque?
Dunque
oggi
le
sorti
della
testata
si
reggono
soprattutto
sulle
spalle
di
due
giovani
sceneggiatori:
Pasquale
Ruju
e
Paola
Barbato.
Con
loro
si
è
verificato
un
fenomeno
anomalo,
ma
che
in
futuro
si
potrebbe
rivelare
sempre
più
frequente,
un
fenomeno
di
cui
ha
parlato
anche
Michele
Medda
in
una
sua
recente
conferenza. In
pratica
oggi
gli
sceneggiatori,
stante
la
carenza
di
prodotti
fumettistici
nostrani,
difficilmente
hanno
possibilità
di
farsi
le
ossa,
vengono
subito
proiettati
su
testate
principali
e
prima
che
prendano
la
mano
col
personaggio
e
con
le
atmosfere
della
storia
ci
vuole
un
po'
di
tempo.
Prima
invece
vi
erano
molti
piccoli
editori,
dalla
vita
breve,
è
vero,
ma
in
cui
si
sono
formati
molti
degli
sceneggiatori
che
in
seguito
hanno
lavorato
per
la
Bonelli.
Oggi
questo
non
accade
più. E
qual
è
la
conseguenza?
Molto
semplicemente,
l'appiattimento
delle
trame
e
del
personaggio.
Dylan
Dog
non
è
più
quel
personaggio
a
tutto
tondo
dei
suoi
primi
anni
di
vita
editoriale,
sembra
a
volte
quasi
un
fantasma
all'
interno
della
(fragile)
architettura
della
storia,
che
incappa
nell'
incubo
per
caso
e
non
più
spinto
da
brama
di
conoscere
quello
che
è
l'
orrore
della
realtà
quotidiana,
come
accadeva
un
tempo.
La
forza
di
Dylan
Dog
era
il
fatto
che
fosse
un
uomo
in
cui
chiunque
poteva
identificarsi,
chiunque
di
noi
cerca
di
capire
quale
sia
la
molla
che
spinge
l'
umanità
ad
atti
malvagi
e
si
chiede
se
anch'
egli
non
abbia
dentro
di
sè
un
pizzico
di
follia.
Oggi,
invece,
Dylan
è
un
personaggio
di
fumetti
come
tanti
altri,
che
passa
senza
che
noi
ce
ne
accorgiamo.
Eppure
l'
orrore
dentro
e
fuori
di
noi
è
ancora
ben
presente,
quel
mistero
chiamato
umanità
è
ben
lungi
dal
trovare
una
soluzione. Non
parliamo
poi
dei
personaggi
comprimari
delle
storie:
sembrano
tutti
fatti
con
lo
stampino.
Tutti
sfigati
a
dire:"Ah,
la
vita,
come
è
ingiusta.
Come
faccio
ad
andare
avanti?
Perchè
l'umanità
è
così
cattiva?
Ma
c'è
l'amore,
sì!
Io
credo
nell'
amore!".
Ecco,
detto
e
ripetuto
all'infinito
alla
fine
può
stancare.
Voi
direte:
ma
perchè,
prima
non
era
così?
Certo,
ma
ogni
prodotto,
ogni
storia,
riusciva
nel
suo
piccolo
ad
essere
diversa
da
tutte
le
altre
e
soprattutto
ogni
personaggio
aveva
una
sua
precisa
identità. Pensiamo
ad
esempio
alle
donne
amate
di
Dylan
Dog,
ognuna
aveva
un
qualcosa
di
magico
(alcune
più
di
altre),
di
affascinante,
di
sensuale.
Oggi...
sembrano
solo
esseri
svenevoli
in
attesa
di
calarsi
tra
le
braccia
del
buon
investigatore
dell'
incubo.
Ecco,
l'
incubo,
dove
è
andato
a
finire?
Oggi
Dylan
affronta
solo
quelli
che
sono
gli
orrori
della
società,
con
ovvia
preponderanza
di
un
tema
abusato
come
i
serial
killer,
e
non
più
gli
orrori
della
nostra
coscienza,
della
mente
umana.
Che
erano
poi
quelli
che
ci
coinvolgevano
maggiormente.
Niente
più
Xabaras,
niente
più
Mana
Cerace,
niente
più
dottor
Hicks,
niente
più
Uomo
Invisibile.
Solo
esseri
privi
di
consistenza,
di
personalità,
quasi
irreali
nei
loro
comportamenti,
volti
solo
a
creare
un
caos
di
cui
non
si
capisce
bene
la
funzionalità.
E'
sparita
quella
che
era
la
dimensione
onirica,
sognatrice
di
Dylan
Dog,
in
cui
ci
calavamo
nell'
orrore
e
cercavamo
di
analizzarlo
in
ogni
suo
aspetto,
in
ogni
sua
caratteristica.
Oggi
viene
semplicemente
narrata
una
storia
di
cui
molto
spesso
non
ci
viene
fornita
alcuna
chiave
interpretativa,
il
male
esiste
e
tanto
ci
deve
bastare,
niente
più
analisi,
niente
più
sogni.
Solo
la
dura,
e
per
questo
ancora
più
triste,
realtà. C'è
una
spiegazione
dietro
a
tutto
ciò?
Secondo
me
sì
ed
è
lo
sfruttamento
eccessivo
del
personaggio.
Prima
Dylan
Dog
si
reggeva
solamente
su
un
albo
mensile
ed
uno
speciale
annuale.
Ed
era
a
mio
parere
l'
optimum.
Poi,
come
sempre
accade
quando
un
personaggio
dei
fumetti
diventa
un
fenomeno
di
costume,
i
prodotti
su
di
lui
sono
proliferati:
Almanacco
della
Paura,
Dylan
Dog
Gigante,
Maxi
Dylan
Dog,
team-up
con
altri
personaggi Bonelli,
miriadi
di
apparizioni
su
riviste
o
testate
minori.
Risultato:
la
perdita
delle
potenzialità
del
personaggio
in
pochi
anni,
di
cui
pare
essere
stato
detto
tutto
ed
il
contrario
di
tutto.
Perchè
quando
ci
si
concentra
su
un
prodotto
esclusivamente
mensile,
i
risultati
sono
sempre
migliori
di
quelli
che
ci
si
può
aspettare
quando
ci
si
deve
occupare
di
scrivere
decine
di
altri
racconti
per
testate
parallele.
Ma
le
leggi
del
mercato
sono
implacabili
e
vincono
sempre,
anche
se
ciò
va
a
discapito
della
lettura. Cosa
abbiamo
oggi?
Un
Tiziano
Sclavi
sempre
più
stanco
della
sua
creatura,
di
cui
scrive
una
avventura
ogni
morte
di
papa
da
tempo
(forse
anche
lui
ha
ormai
capito
che
per
Dylan
Dog
il
discorso
è
chiuso
da
molto
tempo)
;
due
sceneggiatori
che
hanno
dato
ottime
prove
iniziali,
ma
che
oggi
si
nascondono
dietro
clichè
di
cui
francamente
si
potrebbe
fare
a
meno
e
che
li
porta
a
concepire
trame
perlopiù
banali
e
scontate,
con
finale
niente
affatto
a
sorpresa.
Per
favore,
basta
serial
killer,
è
un
tema
su
cui
non
si
sa
più
cosa
dire.
E
se
qualcuno
ci
prova,
scade
nell'
ovvio.
In
sintesi,
un
albo
che
si
avvia
lungo
la
strada
del
tramonto.
Per
carità,
vende
e
venderà
ancora
moltissime
copie,
ma
decisamente
non
è
più
come
un
tempo.
A
volte
chi
guarda
al
passato
viene
fatto
passare
come
un
retrogrado,
che
non
sa
apprezzare
al
meglio
ciò
che
viene
proposto
oggi.
Ma
se
i
prodotti
del
passato
sono
un
modello
a
cui
ispirarsi,
perchè
non
guardare
ancora
ad
essi? Vi
era
un
tempo,
non
troppi
anni
fa,
in
cui
Dylan
Dog
costituiva
il
fulcro
del
fumetto
italiano,
l'
albo
più
innovativo
ed
originale
del
parco
testate
Bonelli.
Un
tempo
in
cui
la
lettura
di
questo
albo
per
me
era
tra
i
momenti
più
piacevoli
ed
attesi
della
giornata.
Torneranno
questi
momenti?
La
risposta
purtroppo
non
è
alla
nostra
portata. (26/10/2001)
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