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Roi, il vampiro
di Daniele D'Aquino
No,
il titolo non si riferisce al suo aspetto fisico (anche se col suo look
dark non sfigurerebbe nei panni di un non-morto), ma alla curiosa
coincidenza che l’ha portato a disegnare due storie di vampiri, uscite
lo stesso mese per due testate diverse: Dylan
Dog e Dampyr. Ma
come fa Roi a sfornare così
tante pagine l’anno? Probabilmente
è il più prolifico tra gli autori bonelliani; ricordo un’intervista
di qualche anno fa in cui dichiarò che a volte impiegava meno di tre
mesi per completare un albo...roba da guinness dei primati! Merito
sicuramente di una raggiunta maturità e di una padronanza del tratto,
ma anche di uno stile “rapido” che punta più all’atmosfera che al
dettaglio (e, ammettiamolo, gli consente di nascondere le imperfezioni;
anche in queste cose si vedono i grandi disegnatori!) “Tre
vecchie signore” segna l’esordio di Roi su Dampyr, collana che
per le tematiche e le ambientazioni è quella che sicuramente più si
avvicina all’Indagatore dell’Incubo. L’albo ci svela qualcosa in
più dell’adolescenza di Harlan, di quando viveva in un imprecisato
villaggio europeo insieme alle tre enigmatiche “zie”. La
storia scritta da Boselli (a
proposito, in quanto a prolificità pure lui non scherza…sta portando
avanti la serie da solo, sebbene di recente abbia anche subito un
delicato intervento, dato che il
co-creatore, Colombo, si è purtroppo dovuto allontanare dallo staff per
gravi problemi di salute, curando ormai solo i testi per la Collana
Almanacchi... e mi scuso se in passato avevo prestato fede ad illazioni
poco veritiere) è interessante sia per la sceneggiatura ben costruita
sia per le rivelazioni sul giovane Harlan e sulla gerarchia
dell’universo dampyriano (Maestri della Notte, Naphidim, legge
dell’equilibrio, guardiane della suddetta legge, ovvero le zie, che
tanto assomigliano alle Moire greche…). Anche
“Manila”, 214esimo albo
di Dylan Dog, ha a che fare con il passato: torna infatti la vampira
vista quasi 3 anni fa nella doppia avventura dei numeri 180 e 181. Ai
testi sempre Pasquale Ruju,
autore di un sequel senza infamia e senza lode, che nulla aggiunge al
tema dei succhiasangue; interessante la caratterizzazione di Manila, non
altrettanto lo svolgimento della vicenda, abbastanza ordinario. Perché
non insistere di più sul rischio di vampirizzazione di Dylan,
osando magari un finale aperto in cui il nostro salva la bella
non-morta, invece di un epilogo così strappalacrime e risolutore? Un
po’ di “coraggio narrativo” non guasterebbe… E
poi, perché tra tutti i possibili incidenti domestici (casa di Alec che
esplode), Ruju è andato a scegliere quello più inverosimile e ridicolo
(quasi chiaverottiano)? Mentre
cerchiamo una risposta, consoliamoci con la buona prova su entrambi gli
albi di Roi, che si
dimostra ancora una volta a suo agio tra canini e giugulari. Molto
riuscita la caratterizzazione di tutti i personaggi femminili, un po’
meno quella di Harlan, le cui fattezze a volte si discostano dai canoni
della serie (ma non potrebbe disegnarla meglio quella barba???). Per concludere due parole sulle copertine: svogliata ma attinente all’albo quella di Stano, ben realizzata ma troppo generica quella di Riboldi.
(9/7/2004)
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