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Il tornado di valle Scuropasso di Daniele D'Aquino
Aveva giurato che non avrebbe più scritto un libro. Fortunatamente Tiziano Sclavi non è stato di parola. "Il tornado di valle Scuropasso" arriva ad otto anni di distanza da "Non è successo niente", romanzo su cui l’autore e l’editore (Mondatori) puntavano moltissimo e che invece ha venduto – tra edizione rilegata ed economica – poco più di 10.000 copie. Dopo quella delusione è iniziata la crisi, il blocco (“In questo periodo non scrivo neanche le parole incrociate”, “…c’è una grande scrivania con due computer: un Macintosh per il lavoro e un Pc per i videogiochi. Sul Macintosh c’è un dito di polvere.”, dichiarava nel 1999 a uBC). Ora sembra che quel blocco sia passato, o che almeno abbia concesso una tregua, come testimonia anche l’albo di Dylan Dog che uscirà ad Agosto, sessantaquattro numeri dopo la sua ultima storia, e un altro paio di albi che dovrebbero essere pubblicati dopo il ventennale dell’Indagatore dell’Incubo. “Il tornado di valle Scuropasso” è un romanzo angosciante, doloroso, psicotico. Il protagonista vive da solo in una casa in mezzo al bosco, ossessionato da nevrosi, rumori, presenze (aliene, umane), e sospeso in una dimensione straniata. Le sue giornate sono scandite dalle medicine e dalla “terapia”, dalle telefonate con il Dottor Deicas (vedi “Mostri”), dalle rare visite a Buffalora, simbolo di una provincia inerte e inquietante. A differenza dei suoi due libri precedenti, “Non è successo niente” e “Le etichette delle camicie”, in cui la narrazione poggiava sui dialoghi di una coralità di personaggi e su un registro da commedia, qui abbiamo un unico protagonista che ci narra in prima persona i propri deliri, in una sorta di diario. Questa differenza si riflette anche nella scrittura, sincopata, tesa, quasi una sceneggiatura:
Ho guardato verso il capanno. “?!” Silvestro. Era là, lontano. Zoom. I suoi occhi erano enormi e luminosi. Zoom.
Il suo stile è asciutto, caratterizzato da neologismi (“Il cucù cuculava”), onomatopee, trovate lessicali (“Il bagliore, baluginìo, scintillìo, shining, stava diventando più forte”), un citazionismo di marche che ricorda Bret Easton Ellis (“Ho preso tre Peridon e un cachet Dr Knapp. Ho acceso il Bang&Olufsen”), divagazioni surreali (la patch uomo, Silvestro e Titti). Sclavi ha più volte dichiarato che nei romanzi mette sempre un po’ di se stesso; in questo più che negli altri. Tranne la figlia e il divorzio, tutto il resto è autobiografico, dalle cose materiali - la casa nel bosco, la collezione di film e videogiochi – alle esperienze vissute, come l’alcolismo, la depressione, le cure. Nel libro viene perfino riportata la sceneggiatura della prima tavola di “Memorie dall’Invisibile” (“Una volta scrivevo anche fumetti. Molti mi chiedevano come si scrivono i fumetti. Ecco una pagina di fumetti.”) L’uomo in quella casa è Tiziano Sclavi. Che scrive di sé con finalità catartiche, mettendo nero su bianco i suoi ricordi e le sua malattia. Un Tiziano Sclavi che ci mostra i suoi incubi, per liberarsene.
Il tornado di valle Scuropasso ™ & © Sclavi
(23/07/2006)
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