Alta Fedeltà Volume 1

di Daniele D'Aquino

 

Alta Fedeltà (c) degli autori / Edizioni Lo ScarabeoÈ con un po’ di colpevole ritardo che segnaliamo la nascita di Alta Fedeltà, etichetta fumettistica delle “Edizioni Lo Scarabeo”.

Tra le prime uscite, insieme a “Bacchus” di Eddie Campbell, “Popbot” di Ashley Wood e Sam Kieth e “Too much coffee man” di Shannon Wheeler, troviamo “Alta Fedeltà Volume 1” (brossurata, 144 pagg. in b/n, € 9.50, pubblicata nel novembre 2002), antologia che raccoglie storie di autori italiani e stranieri più o meno noti al grande pubblico.

Si inizia con la dickiana “Sogni della città: la vita cambiata”, scritta dal poliedrico Daniele Brolli e disegnata dal grande Giuseppe Palumbo, che però nell’occasione mi sembra esprimersi un gradino al di sotto della sua giustificata fama, soprattutto per colpa di una retinatura mal distribuita che non facilita la lettura.

Subito dopo è la volta di “Marlene” di Peter Snejbjerg, un giallo con tinte horror un po’ confuso ma gradevole, anche nei disegni.

Voltiamo pagina ed ecco “Di occhi di vetro e porte chiuse”, scritta da Manfredi Toraldo e illustrata da Emiliano Mammucari, prima avventura di Sir Thomas Reiter, un avvocato che ha il dono di vedere ciò che è capitato agli oggetti.

Bella l’ambientazione nell’Inghilterra settecentesca e personaggio interessante.

La storia successiva è “Come divenni un Repubblicano”, due divertenti tavole di caustica satira politica firmate da Rick Geary.

Di tutt’altro genere è “Anche la felicità è inevitabile”, primo episodio di “Still life”, serie fantastica-adolescenziale realizzata da Marco Schiavone (testi) e Giorgio Cantù (disegni). Promette bene, attendiamo gli sviluppi.

Andiamo oltre e troviamo “Strade perdute” di Ed Hillyer, che narra le (dis)avventure di un lavavetri e di un venditore ambulante di giornali in una Londra un po’ diversa da come ora la conosciamo.

A seguire incontriamo “Once upon a time in the west”, di Schiavone e Di Giampietro, una sola tavola piuttosto insignificante che mi ha ricordato “Westworld” di Michael Crichton e il cowboy-robot interpretato da Yul Brynner.

Molto simpatica “Una questione territoriale” scritta con brio da Diego Cajelli, perfettamente assecondato ai pennelli (pennarelli) da Luca Bertelè.

A concludere l’albo c’è “La morte spontanea di uno stereotipo”, una storia di formazione ben confezionata, scritta da Chris Staros e disegnata a mezzatinta da Bo Hampton.

Tirando le somme, il volume presenta storie eterogenee accomunate da un alto livello qualitativo e si rivela una lettura molto piacevole.

 

(14/2/2003)

 

   

 

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