John Doe: opinioni controverse

di Steven Lurex

 

John Doe (c) Recchioni / Bartoli / Eura EditorialeLa lettura di John Doe, può scatenare opinioni controverse, che nel bene e nel male andrebbero analizzate esclusivamente nell’ottica del panorama in cui cerca di proporsi, e cioè il fumetto italiano.

Premettendo subito che l’idea è buona e coraggiosa, uno dei problemi alla base della vicenda, è la nostra personale epoca in cui tutto è stato detto e fatto, e tramite la rete telematica, chiunque può attingere qualsiasi tipo di informazione.

Fosse nato una quindicina di anni fa, magari per una serie a numero chiuso di trenta o quaranta numeri, oggi si parlerebbe di piccolo cult.

L’affascinante universo che si dirama attraverso ogni pagina, abitua il lettore ad una certa impostazione, che però viene abbandonata in maniera troppo brusca e semplicistica (il metodo in cui alla fine John otterrà una parziale vittoria temporanea, non è molto credibile e rimanda a dei classici cinematografici anni ottanta), mentre la storia stessa avrebbe potuto mantenere la medesima rotta e risultare anche forse più gradevole.

Ottime comunque alcune trovate, che da una parte lasciano il segno in maniera concreta, alzando di mezzo punto il “tiro” e dall’altra strizzano l’occhio a tanti altri universi (come giustamente ricordato dagli stessi autori alla fine del volume).

Questo immenso gioco cosmico, pregno di ogni grande arcano che da sempre funesta le menti di ogni grande uomo, scivola leggero e con generosa ironia, scontrandosi talvolta con una voglia troppo grande di gestire con facilità, figure che nessuno in genere aveva esplicato con tanta chiarezza.

Sufficientemente validi i personaggi di contorno, ma pollice verso per i principali. Rimandato John Doe, che rifà il verso a tanti grandi ma ancora non dimostra una vera e propria personalità (in parte Harlan Draka, Dylan Dog, Nick Raider) con delle peculiarità precise, tali da renderlo unico.

Bocciata totalmente la figura della morte, erroneamente posta in un gioco di squadra, resa loquace e priva della somma maestosità attribuitagli dai secoli. Certo, è la varietà a far crescere un opera, rendendola un’ottima opera, ma la morte che non scende a patti, la morte che non si sconfigge e che non tarda mai un appuntamento, verrà accetta in questa nuova veste?

Altro problema riservato a John Doe, è quello di non essere incluso, ma diretto concorrente del colosso Bonelli (aldilà di ogni presunta fama ormai consolidata, comunque valido) con cui il lettore medio tende ad identificare il fumetto nostrano, con il rischio di ridurlo a breve in un opera di nicchia, per pochi fan decisi a puntare sulle novità ormai cosa rara.

Per una logica di mercato, non vedremo mai questo fumetto battersela alla pari con i grandi classici, ma sperando in una stabilizzazione della serie, auguriamo un successo proporzionato al coraggio avuto. Probabilmente sarà intorno a numero 3 o 4 che si deciderà il futuro di questo fumetto, quando oramai i dati saranno concreti e le vendite attestate al livello medio(chi avrà deciso di continuare lo farà probabilmente per sempre), intanto il consiglio è quello di dare a John Doe almeno due possibilità, apprezzando questo primo numero, e riservando il giudizio finale con la lettura del secondo.

 

(12/62003)

 

   

 

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