Rosa, ma non troppo

di Giovanni Luca Atena

 

Di solito quando si pensa agli shojo manga, quelli che in Giappone sono dedicati ad un pubblico femminile, si tende a identificarli con storie mielose, sentimentali, a lieto fine e con personaggi dalle chiome fluenti, occhioni luccicanti, pizzi e trine. Ma per fortuna non è sempre così; per fortuna perché questi elementi erano un deterrente per i maschietti che, pur di non vedersi bollati come femminucce piagnolone, non osavano neanche avvicinarsi ad uno shojo. Per fortuna la tendenza si stà invertendo; molti shojo hanno ora un pubblico maschile e questo è avvenuto grazie anche ad autrici che hanno radicalmente innovato il genere sia nel disegno che nella narrazione, rendendo più concreti e a spesso duri i personaggi, calandoli in realtà difficili e drammatiche e soprattutto riportando i dialoghi ad un livello di realismo concreto.

Fra le principali innovatrici di questo genere, tutte emerse, peraltro, negli ultimi anni, trovano posto i nomi di Fuyumi Soryo, Yamaji Ebine, Reiko Shimizu, Setona Mizushiro e Kiriko Nananan.

Alcune di queste autrici sono di casa in Italia, altre sono sconosciute, altre ancora si sono appena affacciate.

La Soryo, ad esempio, è presente con numerosi titoli, tra cui il celeberrimo “Mars”, nel parco testate della Star Comics; Reiko Shimizu stà conquistando sempre più lettori con il suo complesso e avvincente giallo “La principessa splendente” pubblicato da Planet Manga; Setona Mizushiro ha appena fatto il suo esordio in casa della Flashbook con “X-day”, ottima miniserie in 2 volumi.

Altre autrici come Yamaji Ebine e Kiriko Nananan sono ancora lontane dall’approdare in Italia, e forse non ci arriveranno mai per la resistenza culturale verso tematiche adulte e a volte azzardate in un paese che risente ancora di bigottismi inspiegabili tramandati di generazione in generazione a dispetto dell’evoluzione dei costumi.

Ad esempio Ebine Yamaji in uno dei suoi lavori più famosi, “Love my life” affronta il tema dell’omosessualità fra due donne adulte; la vicenda incentrata sulla scoperta di sé e sull’outing non si presta forse ad una distribuzione di massa ma rappresenta una vera conquista del fumetto paragonabile alle opere della scrittrice Simone de Beauvoire. Kiriko Nananan, dal canto suo, scandaglia l’animo degli adolescenti e dei loro tormenti con un minimalismo impressionante sia nei dialoghi che nel tratto quasi privo di retini e ombre: bianco e nero, in contrapposizione all zona grigia che ognuno di noi porta dentro.

Lo stesso grigio che si stende sul futuro del fumetto, forse.

 

(21/5/2005)

 

   

 

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