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NICK FURY CONTRO SHIELD di Fabio Volino
Bob Harras è oggi universalmente noto per la sua infausta attività di Editor-In-Chief della Marvel Comics dal 1995 al 2001. Ma prima di ciò era uno scrittore, un eccellente scrittore, autore tra le altre cose di quello che forse rimane il più bel ciclo dei Vendicatori (a lui si devono capolavori come la Saga di Proctor e l’ Ossessione del Collezionista). Oggi ci concentriamo su una sua opera del 1988 dedicata al monocolo più famoso di casa Marvel: Nick Fury. Altro capolavoro. Ciò che balza subito all’occhio è come Harras riesca a cogliere alla perfezione lo spirito dei personaggi della Casa delle Idee: ecco dunque davanti a noi un Fury stanco del suo ruolo dopo tanti anni e tante guerre combattute, desideroso solo di ritirarsi. Ma attorno a lui qualcosa di grosso trama contro l’ ex leader degli Howling Commandos, un qualcosa presente nello SHIELD fin dalla sua nascita, responsabile ad insaputa di Fury di numerosi misfatti nel corso degli anni. Motore di tutto ciò è una pseudoreligione ideata da una nuova razza senziente, i Deltiti, che intendono compiere alla lettera ciò che si propone lo SHIELD: la pace nel mondo, anche se questo dovesse costare la perdita di libertà dell’ umanità. Venuto casualmente a conoscenza di ciò, Fury inizia ad essere braccato dai Deltiti, messo contro i suoi stessi compagni, che iniziano a dubitare della sua buona fede e praticamente posto in una situazione senza via d’ uscita. Ma Fury è e rimane un soldato, pronto sempre a combattere per ciò in cui crede. E ciò in cui crede è lo SHIELD. Da zero riorganizza un suo piccolo esercito e parte al contrattacco. Ma la verità che scoprirà (e su cui non diciamo nulla per non togliervi la sorpresa) sarà molto più dura da accettare e lo porterà ad una drastica decisione. Ad aggiungere un ulteriore tocco di magia alla storia sono i disegni chiari e puliti di Paul Neary, emulo di Alan Davis, di cui è stato anche inchiostratore: ogni espressione del volto dei personaggi è perfetta e ci fanno dimenticare presto le pecche che si riscontrano quando bisogna raffigurare le scene d’ azione. Tre parole per descrivere questa storia: da avere assolutamente. E’ per opere del genere che Harras va ricordato e non per la sua infausta attività di supervisione. (13/05/2002)
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