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Weapon X di Stefano Perullo
L’incarico di narrare quest’avventura rivelatrice fu coraggiosamente affidato ad uno degli artisti più importanti della storia dei comics d’oltreoceano, quel Barry Windsor Smith che era salito agli onori della cronaca negli anni ’70 grazie allo splendido ciclo di storie per la collana di Conan, il barbaro cimmero creato dalla mente di Robert E. Howard. Una decisione molto coraggiosa sia per il nome dell’autore (dopo i fasti degli anni ’70, BWS aveva deciso di abbandonare la strada del fumetto seriale per dedicarsi alla sua passione originaria, la pittura, e solo sporadicamente si era occupato di comics) sia per la modalità con cui si decise di serializzare un’avventura tanto importante: 13 puntate di 8/12 pagine nella collana antologica Marvel Comics Presents (numeri 72/84). BWS assunse con grande coraggio il compito di affrontare una sfida così ardua, cercando di rispettare una regola (forse) non scritta della casa delle idee inerente le origini di Wolverine: rivelare molti particolari tutto sommato insignificanti senza, nel contempo, rivelare nessun fatto saliente che potesse in qualche modo sminuire l’alone di mistero in cui è, ancora oggi, nonostante i tentativi di numerosi autori, avvolto il passato del mutante canadese.
Weapon
X si conferma, a 12 anni di distanza dalla sua pubblicazione originaria,
un’opera bella ed indispensabile, un mirabile esempio di fusione
perfetta tra testo e spettacolari disegni. Poco importa che ci abbia
svelato davvero poco riguardo le origini di Wolverine (ma bisogna
ammettere che anche la recente ORIGINI sia stata abbastanza parca di
rivelazioni), poco importa se, dopo la sua pubblicazione, Chris Claremont
(vero e proprio deus ex machina delle pubblicazioni mutanti)
dichiarò che quelle narrate in Weapon X non erano le origini di
Wolverine.
(18/2/2003)
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