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Hulk: Futuro imperfetto

di Fabio Volino

 

Hulk (c) Marvel ComicsCon l’ uscita del film dedicato ad Hulk, il Golia Verde, come i suoi illustri predecessori Marvel, andrà sotto i riflettori e almeno inizialmente avrà un riscontro di pubblico maggiore che in passato. E coloro che si avvicineranno al personaggio per la prima volta capiranno subito una cosa: che il nome di Hulk resta legato indissolubilmente a quello del grande sceneggiatore Peter David. E non tanto perché lo scrittore del Maryland ne abbia scritto le storie per svariati anni (si può dire la stessa cosa anche di Bill Mantlo, con tutto il rispetto), quanto per il fatto che ne ha saputo fornire una, anzi, più di una visione. Stupido? Intelligente? Cinico? Egoista? Altruista? Verde? Grigio? L’Hulk di David è stato questo è molto altro, perché Hulk è la psiche nascosta che ogni uomo ha dentro di sé, quel lato oscuro, quella personalità alla Mr. Hyde che ognuno di noi nasconde nel profondo del suo animo.

Con Futuro Imperfetto (una delle sue storie più famose, anche se a mio parere non la più bella della sua pur vasta produzione) David mostra un altro dei tanti aspetti di Hulk: la malvagità. Nella fattispecie, il Maestro, evoluzione futura del gigante di giada, unico sopravvissuto dell’era degli eroi in seguito ad un disastro dovuto alle radiazioni. Ciò che il Pelleverde più odia si è rivelato la sua salvezza, il suo trionfo, la sua ascesa al potere fatta di tirannia, belle donne e pugno di ferro. E’ un altro lato nascosto di Hulk, quel lato per cui, ad un certo livello inconscio, a Banner piace esserlo, piace accettare la sua metà oscura. Poiché essa rappresenta il suo istinto di sopravvivenza e, a volte, è l’unica cosa che gli rimane a questo mondo.

Lo scontro tra il vecchio ordine (un Hulk intelligente proveniente dal passato) ed il nuovo è inevitabile e, in un trionfo di disegni opera di George Perez (uno dei suoi lavori migliori senza dubbio), ci rendiamo conto che il nostro destino non è immutabile. Possiamo cambiarlo, respingendo quel lato oscuro che così spesso ci tenta, con quell’ innocenza raffigurata nei trofei che un vecchio Rick Jones tiene accanto a sé, ultime vestigia di un mondo che non ci sarà più. Ma il cui esempio di valore ed abnegazione rimane. E la fine? Semplicemente straordinaria, il passato che si ricongiunge col futuro: laddove inizia la maledizione di Banner termina la tirannia del Maestro.

Un consiglio? Se non lo avete ancora letto rimediate subito!

(10/7/2003)

 

   

 

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