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Iron Man: la miglior difesa

di Fabio Volino

 

Iron Man (c) Marvel ComicsI fumetti e la politica: un binomio scomodo, soprattutto in questi tempi tormentati ed incerti. La politica, un tema di per sé scottante, che pochi riescono a trattare con intelligenza e tra questi, all’ interno del comicdom, i migliori esponenti si contano sulle dita di una mano (ma non nasce un Alan Moore o un Grant Morrison tutti i giorni). Sarà per questo che, fra le mie recenti letture, questa minisaga di Iron Man (la prima ad opera del nuovo team creativo composto da John Jackson Miller e Jorge Lucas) mi ha davvero intrigato. Intendiamoci, non è un capolavoro, ma è sicuramente una lettura piacevole, merce rara di questi tempi.

Iron Man è sempre stato in un certo senso un personaggio “politico”, visto che le sue origini lo vedono come il maggior produttore di armi per il governo statunitense. Un commercio che ormai non pratica più da anni. Partendo da un presupposto non così originale (la tecnologia Stark che finisce nelle mani sbagliate, tema celebre dai tempi della prima Guerra delle Armature), lo scrittore di CRIMSON DYNAMO costruisce una storia basata più sulle interrelazioni tra i personaggi che dai superscontri (non c’è infatti nessun supercriminale), dove emerge la figura di Tony Stark. Tony Stark: uomo, imprenditore, eroe. Tutti questi tre aspetti vengono attentamente analizzati ed integrati, dando vita ad una nuova figura. Il Tony Stark politico, il nuovo Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, seggio lasciato vacante da Dell Rusk/Teschio Rosso al termine di Zona Rossa. E’ così preminente la figura dell’ eroe che praticamente mette in ombra tutti gli altri comprimari, ed è questo uno dei pochi difetti della saga.

Ultima annotazione: fa sicuramente piacere, in un’ epoca in cui la continuity viene un po’ messa da parte, leggere una storia pieni di riferimenti a storie sia del recente passato (la saga dei Vendicatori succitata) che di quello remoto (sono citati molte trame e  personaggi apparsi addirittura negli anni ’70 e poi dimenticati). Ti riporta a sensazioni che parevano scomparse, soprattutto se come in questo caso la continuity non è ridondante e pesante, ma integra alla perfezione la storia che si va a narrare. Dietro tutto ciò, c’è probabilmente la mano del supervisore Tom Brevoort, che a volte sa essere dispotico (v. l’ allontanamento per mano sua di Mike Grell e Jim Shooter), ma sicuramente sa il fatto suo. A completare il tutto i disegni di Jorge Lucas: mi è sempre piaciuto il tratto vagamente kirbyano di questo disegnatore, che qui viene ulteriormente migliorato e “sporcato” in alcuni punti, dando alla saga quell’ atmosfera un po’ cupa e misteriosa che meritava.

Da rileggere, prima o poi.

 

(25/10/2004)

 

   

 

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