La saga di Swamp Thing di Alan Moore

di Fabio Volino

 

The Swamp Thing (c) DC ComicsPrima che la Magic Press iniziasse questa meritevole (anche se agonizzante per modalità di pubblicazione) opera di ristampa, non conoscevo lo SWAMP THING di Alan Moore. O meglio, ne avevo sentito parlare, sapevo che era l’ opera grazie al quale questo fenomenale sceneggiatore inglese si era imposto sul panorama americano, iniziando quella opera di revisione del fumetto supereroistico che lo avrebbe portato poi a WATCHMEN. Da più parti ne avevo sentito decantare la bellezza, ma appunto non avevo potuto toccare di prima mano per così dire.

Come detto, la Magic Press è intervenuta in mio aiuto. Ed ho finalmente capito perché queste storie hanno fatto la storia (scusate il gioco di parole). Innanzitutto il bianco e nero non sminuisce il valore dell’ opera, anzi, in certi punti contribuisce a rendere più tenebrose le atmosfere volute dal disegnatore John Totleben. Ma il piatto forte sono ovviamente i racconti.

Ed a questo punto bisogna fare una precisazione: cos’era Swamp Thing prima di Alan Moore? Solo uno dei tanti personaggi secondari del cosmo DC, in passato protagonista di una lunga quanto sfortunata serie ideata da Len Wein e Berni Wrightson. All’ inizio degli anni ’80, la casa editrice di Superman decide di dare una seconda chance alla creatura della palude, ma dopo poco più di 20 numeri questa operazione pare destinata al fallimento. Ed è allora che Len Wein, diventato supervisore della serie, decide di chiamare in causa questo misconosciuto (per gli americani) sceneggiatore inglese: Alan Moore. E’ il 1984 e da quel momento Swamp Thing non sarebbe più stato un personaggio secondario.

Pur conoscendo a fondo le storie precedenti della creatura della palude, Moore dà un taglio netto al passato: subito viene sancito che Swamp Thing non è una reincarnazione di Alec Holland, bensì una pianta evolutasi in modo assolutamente unico. Sparisce il tema della ricerca dell’ umanità perduta da parte del protagonista (tormentone fino a quel momento) e nascono subito nuove strade narrative. Il tutto nello scenario delle paludi della Louisiana, dove si annidano mille pericoli invisibili, ma anche teatro di bellissime scene naturali. A contrapporsi a Swamp Thing troviamo un criminale poco noto della DC, l’Uomo Floronico. Anch’egli è consapevole di aver perso la propria umanità, anzi, non l’ha mai posseduta e decide di tramutare in materia vegetale tutta il globo terrestre. Swamp Thing gli si oppone e gli basta un semplice:”Basta così” per rimetterlo in riga.

Credo che conserverò per sempre l’ immagine che Alan Moore dà della Justice League. In poche righe descrive alla perfezione quello che sono Superman, Barman e compagnia. Bellissima la descrizione di Flash: ”Un uomo che si muove così veloce che la sua vita è una infinita galleria di statue”.

Nella successiva saga, Moore analizza il tema dell’ innocenza perduta, grazie ad un bambino che involontariamente ha evocato un demone. Un bambino in cui Swamp Thing non può fare a meno di rispecchiarsi, in quanto anche lui ha perso la sua innocenza: si ritiene ora qualcosa di inumano, che non potrà mai coltivare relazioni. A contrapporsi a lui, più che il demone troviamo Jason Blood ed il suo fido compare Etrigan: personificazione dell’ uomo che cede al suo lato oscuro, ma tenta di dominarlo. Un personaggio che manda in bestia non solo gli eroi DC, ma anche i traduttori nostrani visto il suo continuo parlare in rima. Dietro una innocenza perduta si nasconde un trauma: Swamp Thing si è lasciato tutto alle spalle accettando la sua condizione, la stessa cosa accade al bambino quando viene a patti con il fatto che ha involontariamente causato l’ omicidio dei suoi genitori.

E nello sfondo di queste due saghe c’è una donna. Abigail, figlia di un acerrimo nemico di Swamp Thing. Ma non è la classica relazione tipo la Bella e la Bestia. E’ qualcosa di toccante ed unico, di una persona che prova a svelare il mistero che circonda la creatura della palude, la quale prova vanamente a staccarsi da essa in quanto è l’ ultimo appiglio a quella umanità che non ha mai posseduto. Ma si può davvero definire Swamp Thing un personaggio privo di umanità?

 

(4/72005)

 

   

 

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