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Dylan Dog #197: "I quattro elementi" di Daniele D'Aquino Un
paio di mesi fa, nella recensione del numero
195, sottolineavo come negli
ultimi tempi gli sceneggiatori di Dylan Dog si ispirassero sempre
più spesso a film recenti per scrivere le loro storie. Anche
questo albo non sfugge alla dilagante mania cinefila-citazionista e
l’idea alla base del plot (un gioco da tavolo che ha il potere di
intervenire sulla realtà) è copiata pari pari da Jumanji,
mediocre pellicola del 1995 con Robin Williams. Il
principale difetto della storia, scritta da Giuseppe De Nardo,
sta paradossalmente proprio nella sua struttura, prevedibile e priva di
colpi di scena, che ricalca quella di un gioco da tavolo. Se a ciò aggiungete lo spunto non originale, potete capire come la sorpresa non sia uno dei punti di forza di questo numero. La
sceneggiatura, sgangherata e con troppe licenze narrative, si regge su
arzigogolati enigmi risolvibili unicamente da chi li ha pensati e
che perciò non costituiscono alcuna sfida per il lettore. Sono
filastrocche carine, ma apprezzabili solo a posteriori, dopo che il
rompicapo è stato indovinato. I
personaggi sono piatti e poco credibili; tutti accettano quella situazione
assurda senza obiettare, come se fosse la cosa più normale del mondo
andare in giro per una Londra apocalittica a cercare pietre dalle forme
geometriche. Un
simile comportamento sarebbe andato bene con un tono un po’ più
grottesco e sopra le righe (alla Sclavi per intenderci), ma De Nardo
invece si prende abbastanza sul serio. Comunque
gli va dato il merito di aver scritto una storia dal ritmo incalzante, che
si legge tutta d’un fiato. Inoltre la varietà di location e situazioni
suggestive da lui congegnate, ci consente di apprezzare appieno il talento
grafico di Fabio Celoni. Il
suo esordio è di quelli che lasciano il segno. Proveniente dalla Disney,
Celoni dimostra tutta la sua abilità anche nel genere realistico; il
tratto è accattivante ed evocativo, le inquadrature sono sempre di grande
impatto. Ancora
non ha assimilato completamente la fisionomia dell’indagatore
dell’incubo, il suo Dylan spesso è di maniera, ma essendo la prima
prova qualche incertezza nella caratterizzazione è più che giustificata. L’uso
del chiaroscuro è parte integrante del suo stile e nelle tavole gioca
molto sul contrasto tra luci e ombre, con risultati davvero notevoli. Celoni
è molto bravo poi a rappresentare la furia distruttiva dei quattro
elementi regalandoci tavole davvero realistiche: guardate Londra che
brucia, gli effetti del terremoto e del vento, oppure le vignette
dell’alluvione, che sembrano quasi trasudare acqua. Degna
di nota anche la cura architettonica, suggellata con la facciata e gli
interni della fatiscente abbazia di Westminster. Si tratta sicuramente di un grande acquisto per la collana e non ci resta che attendere lo Speciale di settembre per goderci nuovamente i suoi bellissimi disegni. (7/2/2003)
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