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I classici del fumetto: l'arte di Jiro Taniguchi di Daniele D'Aquino
Jiro
Taniguchi ha avuto l’onore di essere stato l’unico mangaka
ospitato nella collana di Repubblica. Molti si sono lamentati per
questa scelta, considerando anche il fatto che tra tutti gli autori
nipponici, Taniguchi è probabilmente quello più occidentale, pur
mantenendo gli stilemi del fumetto giapponese. Il
volume a lui dedicato contiene integralmente “L’uomo che cammina” e una corposa anticipazione di “Gourmet”
(testi di Masayuki Qusumi), che sarebbe stato pubblicato in
versione completa di lì a poco dalla stessa Panini. Entrambe
le opere sono una raccolta di racconti brevi, accomunate da una levità e
un minimalismo che sembrano quasi sconfinare in un’inconsistenza
narrativa. Non succede quasi nulla. Non ci sono né climax, né colpi di
scena, né un intreccio vero e proprio. Il racconto si riduce alla
contemplazione. Eppure queste storie riescono ad appassionarci più di un
fumetto dal ritmo serrato. “L’uomo
che cammina” segue le passeggiate di un uomo nella periferia di
Tokio: il protagonista cammina senza una meta, si guarda intorno, scopre
l’emozione e la felicità che si nascondono nelle piccole cose, trova la
meraviglia nella semplicità. E così una comune passeggiata dà un senso
alla vita, il lento incedere dell’uomo lo riappacifica con ciò che lo
circonda, facendogli recuperare la sua essenza. Le
stesse tematiche appaiono in “Gourmet” (sarebbe potuto
intitolarsi “L’uomo che mangia”…), un viaggio nei sapori esotici
della cucina nipponica, racconti in cui la quotidianità è rappresentata
dal cibo e dalle pause pranzo che un rappresentante si concede nei
ristoranti giapponesi, scegliendo accuratamente i locali e le pietanze. In entrambe le opere lo stile raffinato, meticoloso e realistico di Taniguchi è l’ideale per farci cogliere i più piccoli dettagli che circondano i due personaggi, particolari apparentemente insignificanti, ma che assumono il significato più profondo. Sono i particolari i veri protagonisti di queste storie.
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(25/5/2004)
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